martedì 16 settembre 2014

Da Itaka a Creta: il vero viaggio di esplorazione.

26/8 Dopo tre ore di ritardo, si vede spuntare all’orizzonte la balena metallica che ci porta Monica. Gli indiani d’America suonano già nello stereo per lei.
“Vale, sentiti!” mi dice questo cielo stellato di Filiadro (Itaka).
“Sento quanto sto bene”.
Cade una stella cadente e raggiungo dopo giorni e giorni Alfredo nella cabina di prua!!!
27/8  Scendiamo a remi nella spiaggia di Filiadro dove c’è un lido d’altri tempi: pochi ombrelloni bianchi, acqua trasparente e un piccolo bar coi suoi tavolini di legno sotto il bosco di ulivi echeggiante di cicale.
Qui prendiamo la decisione di aspettare il vento e navigare verso sud. Da quest’istante inizia il viaggio nel vero senso del termine, l’esplorazione di posti nuovi.
Monica è sul nostro stesso canale percettivo del mare e della vela: è un’ottima compagna d’avventura.
Il vento, però, non monta e ci spostiamo solo di baia: Pigadi è un paradiso terrestre, un’ampia baia ridossata dal vento, con al centro un isolotto. Noi ancoriamo nel punto più stretto tra l’isola e la terra ferma, con cime a terra, in uno specchio di acqua verde trasparente.
Quando un filo di vento monta, lo sfruttiamo per andare nel porto di Sami, qui abbiamo un incontro fortuito e fortunato con la “Victory” di Ennio, il navigatore veneziano in possesso di tutte le carte nautiche dell’Egeo. Speriamo che il paesino sia fornito di fotocopiatrice di A1.
Grandioso ce l’ha!

Giovedì 28 agosto 2014 ore 13:53. 

Monta la tramontana e noi iniziamo la nostra esplorazione del Sud della Grecia, fino a Creta.
Non ho fatto nemmeno in tempo a scriverlo che il vento ha mollato, regalandoci, però, una delle più belle baie viste finora, poco più a Nord di Poros. L’acqua è celeste caraibica, la spiaggia grande e bianca e ci siamo solo noi.
Un po’ a vela un po’ a motore arriviamo a Sud di Cefalonia a Kato Katalion per passare la notte.
E’ un posto da evitare per i velisti, disseminato di secche: trovare un cerchio col diametro di 20 metri con fondale buono per dare ancora è stato a dir poco ostico. In più non è neppure una baia particolarmente bella.
Comunque adesso che è notte e che è comparso il primo spicchio di luna nuova, ci facciamo cullare dal mare e ci piace.
29/8 Il vento ci porta a Zante e la sua costa orientale ci sfila
davanti lentamente.
E’ un’isola, purtroppo, molto urbanizzata lungo la costa. All’interno ci sono montagne alte e piene di verde, che scemano in colline dolci e ondulate. Qui hanno costruito case e resort per turisti, alcuni anche alti e simili a brutti condomini  per sfruttare malamente un litorale di sabbia lungo quanto tutta l’isola.
Arriviamo a motore nel golfo di Lagana, qui, grazie alle tartarughe che nidificano nelle grandi spiagge, non si è costruito ed è vietata in alcune zone anche la balneazione.
Noi attracchiamo davanti all’isola di Marathonisi che ha la forma di una caretta caretta, la cui coda è un istmo di meravigliosa spiaggia bianca e acqua turchese. A parte questo Zante non mi è piaciuta.
E così ce ne siamo andati prima del tempo, arrivando a Katacolo nel Peloponneso.
Qui c’è un marina comunale in città con acqua, elettricità e docce calde. Una notte costa 15,00 euro.
Il paesino è davvero bello: piccole case, alcune il riva al mare, tutte con il loro curato giardinetto.
Appena arriviamo ci accoglie Joannis, detto Jannis, che ha una bellissima fattoria, vista mare, in cui ci si può anche dormire, che ci vende verdure dell’orto, olio e vino casereccio leggermente liquoroso, ottimo per il cicchetto della buona notte (Jannis: 00302621041079 – info@tsoukalos-rooms.com).
31/8. Il mio compleanno inizia alle 7:00 di mattina con un’ottima colazione offerta da Monica. Alle 8:30 sarebbe dovuto partire il treno per Olympia, ma non è mai arrivato e così ci tocca aspettare il pullman per Pyrgos che parte alle 10:15 e poi qui aspettarne un altro per un’ora e mezzo.
Ma ne è valsa la pena: il sito archeologico è vasto e pieno di storia, ci sono i resti dei tempi di Zeus ed Hera, il Gynnasium, la piscina, alcuni pezzi ben mantenuti di mosaico del V sec. a.c., lo stadio i bagni degli atleti e un’infinità di colonne e capitelli dorici e corinzi. Inoltre visitarlo è piacevole, perché è pressocché deserto e in molti tratti all’ombra di maestosi alberi.
Anche il museo è interessante ci sono almeno tre stanze piene di statue di eroi e divinità perfettamente conservate e poi statuine porcellane e attrezzi vari. Al ritorno per 40,00 euro prendiamo un taxi e riusciamo a rinfrescarci in spiaggia con un bel bagno di acqua cheta e trasparente.
Per fortuna che Katacolo ci piace, perché domani è prevista burrasca e dovremo quasi sicuramente sostare ancora qui.
1/9 La mattina appena svegli la piccola città di Katacolo è in fermento: trenini e carrozze sono pronti, una trentina di pullman e taxi anche, i negozi – ieri chiusi – hanno già esposto le loro variopinte mercanzie. L’arcano è presto svelato: attracca la nave da crociera della MSC per la visita ad Olympia.
Noi ce ne andiamo in spiaggia prendendo ombrelloni e lettini, che qui sono incredibilmente gratuiti. Se si vuole, ma non è necessario, si prende qualcosa da bere al bar.
La notte verso le 3:00 arriva l’attesa burrasca. Il porto è davvero sicuro per fortuna e anche se dormiamo male, tutto va per il meglio.
2/9 Man mano che il temporale si allontana, prende piede in noi l’idea di partire e approfittando di 15 nodi a traverso, veleggiamo verso Kiparyssia.
Mi sento una privilegiata a fare questa vita, sospinta dal vento come una vera viaggiatrice. Scoprire posti, terre e mari di cui nessuno mi ha parlato fino ad ora e disegnare con pochi tratti di penna nuove rotte per chi nel corso degli anni ci vuole raggiungere. In questo modo anche Sogno blu si nutre di nuova linfa ed il lavoro diventa un progetto che si può condividere.
Quello che era solo un sogno sta pian piano prendendo forma e ha in sé la potenzialità di crescere ed espandersi in tutto il Mediterraneo e chissà magari anche oltre.
Per Alfredo un sogno che si avvera, per me un desiderio che vivo senza nemmeno averlo espresso.
L’idea di andare a Kiparyssia col tempo ancora instabile è audace se non azzardata: il portolano parla di un porto oltremodo insicuro, ma data l’ora non abbiamo alternative.
Come si suol dire la fortuna aiuta gli audaci: il porto è stato potenziato con la costruzione di un nuovo molo che ora lo ridossa completamente, rimane giusto un po’ di risacca.
Presenti in banchina acqua ed energia elettrica gratuite!
Inoltre la città alta, sovrastata da un antico castello Franco-Bizantino, abbarbicata sul monte Psikro è vivace e deliziosa.
3/9 Partiamo la mattina presto e ci fermiamo in una baia ad Est dell’isola di Proti. E’ paradisiaca: rocce alte, piene di macchia mediterranea, sovrastate da un monastero bizantino, da poco ristrutturato con il suo giardino ed orto perfettamente curati. L’acqua trasparente è verde smeraldo, piena di pesci, ricci e stelle marine.
A piedi, percorrendo il sentiero del monastero, arriviamo dall’altra parte: rocce scoscese a picco sul mare blu che si frange a riva con violenza. Sembra un paesaggio irlandese.
Si alza un leggero NW e con il gennaker, accompagnati dalla musica dei Ghetonia, puntiamo Pilos a sud del primo dito del Peloponneso. Il vento ci sostiene e decidiamo di continuare e attraccare a Methoni che Rod Heikel dice essere il posto che più preferisce di tutto il Peloponneso Ovest.
Intanto ci sfila davanti l’ingresso della baia di Navarino, costituito da grossi faraglioni, rigorosi come un ponte sul mare con tanto di archi e pilastri di roccia; le montagne dietro sono lussureggianti di verde come tutto il Peloponneso fino ad ora percorso.
Poco dopo a Sud iniziamo a vedere una grande fortezza veneziana, che si allunga come un molo sul mare chiusa da una bizzarra torre turca.
Sono le rovine di Methoni, all’interno delle quali c’è il porticciolo e il paesino di case bianche ben curate e molteplici bar e trattorie che però non ne snaturano l’aria di antico borgo signorile.
4/9 La mattina partiamo presto. C’è un’aria frizzante e delle curiose nubi bianche che si stagliano sul cielo settembrino. Ci fermiamo a fare un bel bagno nella baia di Sapienza a NW dell’omonima isola. Qui l’acqua gesticola con guanti turchesi e smeraldo.
Sulla rotta per Limani, al centro del secondo dito del Peloponneso, il Mani, lo spettacolo è quello di un mare blu sberluccicante di sole, delineato dal profilo di tre isole, trampolino di lancio di una lunga veleggiata con il vento in fil di ruota.
Scorgiamo le montagne del Mani mentre Alfredo legge ad alta voce dal libro che ne porta il nome nel titolo di Patrick Leigh Fermor “E fummo di là nel Mani. Un  subisso di brulli picchi grigi si ergevano precipitando da gole e tortuose altezze, pari o superiori alla nostra; inclinati ad angoli pazzeschi, cadevano così a strapiombo che era impossibile vedere cosa c’era, un mondo più in basso, in fondo al canyon immediatamente sotto di noi. Tranne dove gli spigoli taglienti erano smussati da una frana, le montagne parevano come d’acciaio. Era un luogo morto, astrale, un habitat da draghi. Ogni cosa era immobile. Non un’aquila librata in volo, non un suono, né un segno che esseri umani avessero mai calpestato quei sassi; immensi dirupi rocciosi sembravano sbarrare ogni via di fuga.”.
5/9 Anche oggi ci svegliamo presto e andiamo a visitare le grotte nella baia di Diros. In molte centinaia di migliaia di anni, in questi anfratti anfibi, la terra ha costruito fantastiche stalattiti e stalagmiti, in ogni angolo adornate da cristalli splendenti. Tronchi preistorici di roccia si ergono per 70 metri dall’acqua cristallina. E’ un paesaggio surreale che si insinua sotto terra per 14 km, anche se noi ne visitiamo appena 2 su una piccola barca di legno a remi.
La guida parla delle grotte più belle al mondo ed in effetti sono spettacolari. Ricordano la scena di "Nausica nella Valle del Vento", quando lei viene risucchiata dalle sabbie mobili in un mondo sotterraneo dall’acqua incredibilmente pura.
Anche oggi maciniamo miglia a vela sotto massicci costoni di roccia rugosa alti 300 metri a strapiombo sul mare.
Attraversiamo Capo Grosso, anch’esso brullo e pietroso, col suo faro abbarbicato sulla punta, con 30 nodi di vento.
L’abbattuta di poppa la facciamo mentre sono io al timone. Queste manovre mi causano ancora un po’ di tensione.
Il vento ulula e le onde sono importanti, speriamo che Porto Kayo sia un riparo sicuro.
Non solo lo è ma si è rilevato uno dei posti più belli di questo viaggio! Una gola tra i monti spolverati di macchia, con poche case stile neomaniota; sembrano case del deserto perfettamente camuffate nella roccia. Sono costruite in modo squadrato, simili a dorate torre medioevali, senza verande né balconi, come piccole fortezze a guardia di questa arida terra.
Purtroppo però la ricorderemo come la baia del tender perché dopo l’ancoraggio ci siamo resi conto di averlo perso tra le onde di Capo Grosso.
6/9    Anche l’acqua qui a Kayo è bellissima, di un intenso blu piena di vita: pesci colorati, pinna nobilis, , coccioli ed erbe varipinte.
Nel procedere verso l’isola di Elafonissos, incontriamo un branco di delfini; tre di loro si staccano dal gruppo e vengono a giocare con la prua della barca.
Elafonisos: leggendaria bellezza che ci rimarrà nel cuore; c’è una doppia baia  a sud dell’isola di acqua celeste caraibica, più chiara del fondo di una piscina. Le due baie sono chiuse da un istmo di sabbia bianca. Il resto sono dune, alcune come paesaggi lunari con ciuffi di macchia qua e là e orchidee selvatiche; le altre completamente di sabbia come nel deserto. Ma tutte morbidamente si tuffano in quest’acqua di specchio e turchese. Restiamo a dormire qui con la luna ormai quasi piena e un bel po’ di risacca che ci fa dondolare assai.
7/9 Il Meltemi ci porta di gran lasco a Kithira. Il porto è piccolo e con il vento forte tentiamo tre volte l’ormeggio, prima di disporci all’inglese lungo il pontile piccolo, sapendo che su quello grande ormeggerà il traghetto.
Il villaggio è formato da due baie di sabbia bianchissima che ci ospitano per mangiare, per fare un sonnellino sotto gli alberi e leggere. I colori sono contrastanti e violenti:  vanno dal blu scuro, al verde e al celeste fluorescente. Scioccanti e strabilianti.
Ci innamoriamo della piccola taverna bianca sulla spiaggia, ma anche di alcune case antiche abitate da vecchi lupi di mare,
anch’esse costruite sulle dune.
Dopo cena ci intratteniamo con Robin ed Ester: lui un indiano tedesco e lei svizzera di Zurigo, che hanno ormeggiato a pacchetto su Blue Bone. Fanno la nostra stessa attività su un Comet 45 piedi Tiger of London di un armatore inglese che glielo affida in cambio di manutenzione.
Anche loro imbarcano gli ospiti sempre da porti diversi e quest’anno hanno girato così tutto il Mediterraneo dalle Canarie alle Baleari, poi Corsica, Sardegna, Ischia, Sorrento, Sicilia e tutta la Grecia, la stessa che abbiamo percorso noi.
Sono simpatici e genuini e ci siamo dati appuntamento ad Heraklion.
8/9 Oggi il Melteni dorme e le 15 miglia che ci separano da Antikithira le percorriamo a motore. Ci aspettavamo poco più di uno scoglio disabitato ed invece l’isola è grande, noi entriamo in una gola perfettamente circolare e ormeggiamo in paese. E’ un tipico villaggio dell’Egeo tutto di case in calce bianca e gli infissi celesti e le tipiche chiese bizantine. Nel porticciolo molte variopinte barche da pesca. Noi siamo gli unici diportisti. La gola è di acqua chiara e verde, ricchissima di pesci e granchi azzurri e gialli.
Vediamo passare un gruppo di trampolieri che migrano verso l’Africa e poi ceniamo alla taverna del posto insieme a tutti i pescatori che si danno appuntamento lì per raccontarsi la loro giornata.
Intanto dai monti ad Est sorge la luna piena e Monica resta assorta intonando canti sacri all’astro splendente.
9/9 Dopo una lenta e piacevole  veleggiata ci avviciniamo a Creta. Ci mostra per primo il suo lato nordoccidentale: catene montuose di quasi 1.000 metri a picco sil mare, brulle, selvagge; ricordano il paesaggio delle montagne spagnole dove si nascondeva la Pastora nella guerra civile tra i Partigiani e la Guardia Civil di Franco nel libro che sto leggendo (Dove nessuno ti troverà, di Alicia Gimenèz –
Barlett).
Non una casa, non un faro, né una cappella votiva, solo dure pietre appena spolverate da una leggera vegetazione. Il resto è mare blu intenso e piccoli ciuffi di nubi bianche, tipiche di questo cielo di metà settembre, che fanno da contorno alle cime più alte dei monti cretesi.
Noi puntiamo Gramvousa, un’isola di fronte a Creta che poco si differenzia da uno scoglio, con un ridosso sicuro per passare la notte e – si spera – uno specchio d’acqua per un bel bagno.
In realtà mentre ci avviciniamo alla nostra isola, ci sembra di intravedere nel suo punto più alto un’antica fortificazione. Ma è così o è un’illusione disegnata dalle rocce?
No, c’è proprio un’enorme muraglia con dentro un castello e antiche costruzioni che rendono ancora più affascinante questo avamposto di Creta.
A Monica ricorda un paesaggio della Patagonia, ad Alfredo della Giordania.
A Sud, dove ci ancoriamo noi, c’è una baia di acqua turchese con una bella spiaggia di sabbia e dune ed una distesa di agavi. Gli abitanti dell’isola sembrano essere i falchi che solcano il cielo, anche se ci sono tre case di pietra per altro molto belle.
Nuotando nell’acqua chiara mi ritrovo in mezzo ad un branco di cefali, poi incontro due pesci rossi, un pesce pappagallo e svariate decine di occhiate.
 Il cielo diventa verde petrolio e poi di quella indefinita tinta dell’imbrunire; alcune nuvolette all’improvviso si accendono come candele per scrivere poesie …. è la regina della notte che si sta levando dai monti ancora più grande di ieri, arancione come l’astro che la illumina. Una piccola nube la copre ma lei veloce sguscia sopra l’ostacolo come un palloncino sfuggito alle mani di un bimbo. Così rischiarata questa solenne baia tra i monti cretesi e Gramvousa è un logo potente, magnetico capace di rapirti l’animo e farlo librare in volo come un falco solitario.
10/9
La mattina presto scendiamo a nuoto e compriamo dagli unici abitanti dell’isola un vasetto di miele ai fiori di timo che è una favola e un raki al miele che ci brilla a prima ora.
Il vento inizia a spirare leggero e noi ci incamminiamo prima a motore e poi con il gennaker che ci regale una splendida veleggiata fino a Chania.
Nel tragitto finalmente peschiamo un bel pesce e ne esce fuori una zuppa coi tubetti niente male.
Dopo tanti giorni di rade e piccoli villaggi abituarci agli odori e rumori di una città è difficile.
Il porto si trova in centro, circondato da una fortezza veneziana. La città è bella, ricca di musei e chiese, alcune adibite a musei e gallerie d’arte contemporanea, i palazzi perfettamente restaurati sono in stile veneziano, le vie strette e caratteristiche. Si vedono le successive dominazioni: quella bizantina, poi ottomana, la veneziana e infine quella attuale delle orde turistiche che ne hanno snaturato l’anima riempiendola a dismisura di negozi di souvenir, ristoranti e bar.
Riusciamo a trovare u  ristorante un po’ più appartato, nel centro storico dietro la fortezza veneziana (Portes) e mangiamo assai bene spendendo anche poco.
11/9 Dopo una spesa di verdure e formaggi al mercato coperto partiamo con direzione Est.
La costa è totalmente disabitata con alte e verdi montagne che si tuffano a mare. Poi i dirupi diventano più dolci e infine scemano in basse colline spolverate da piccoli villaggi.

Peschiamo a ripetizione due tonnetti e quando arriviamo nella rada di Bali, dopo il bagno, preparo il sushi, il carpaccio con limone, olio e pepe e poi i tranci scottati con granelle di mandorle.
La cena annaffiata con il rosato di Jannis è la più buona di questo viaggio in barca a vela ed è resa suggestiva dall’alba di luna rossa, che spunta dal mare e ci protegge dalle luci dei villaggi turistici alle nostre spalle.
12/9
Dopo un bagno in una baia con due piccoli lidi esclusivi sugli scogli arriviamo a destinazione: Heraklion, dove forse Alfredo e la Blue Bone sverneranno.

Incontriamo la Tigre di Londra di Ester e Robin che ci ricambiano il favore dell’ormeggio a pacchetto e visitiamo il centro pseudo storico di questa grande città di Creta. Di sicuro non è turistica e le vie pedonali del centro sono tutto sommato carine e piene di vita autentica. I negozi sono quelli necessari e non vendono spazzatura per turisti di passaggio. Ma avremo una settimana per visitarla bene, insieme ai dintorni con le rovine della civiltà micenea a bordo delle nostre bici, mentre Monica se ne vola a Bologna. 

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