venerdì 16 aprile 2021

BONAIRE

Isola di Bonaire, Antille olandesi, arrivati all' alba, stanchi, dopo 4 giorni e 4 notti di navigazione.

Una voce femminile alla radio ci dice di accostare a dritta lungo il dock del gasolio ma ce lo comunica in 4 lingue diverse, usandole contemporaneamente! Già solo questo sarebbe bastato a farci intuire qualcosa sui simpaticissimi abitanti dell' isola. Accostiamo al pontile alle 7 circa e ad accoglierci troviamo soltanto 5 soggettoni che ascoltano musica da balera ispanica degna del peggiore bar di Caracas, fermi immobili che ci osservavano senza muoversi. Metto un piede al di la della falchetta per sbarcare e ci viene incontro, staccandosi dal gruppo, con aria di strafottenza (le mancava solo un grosso sigaro in bocca) la prima delle 5 iguane del comitato d'accoglienza. Le si leggeva in faccia: “Chi è che osa rompere i coglioni alle 7 del mattino mentre arrivano i primi ghiotti raggi di sole”!? Dopo una trentina di secondi buoni, il capo richiama la milizia e spariscono tutti dietro la staccionata, lasciandoci soli con la musica.


Mentre mi volto a guardare esterrefatto Valentina si avvicinano gli umani veri con la tipica velocità caraibica a prendere le cime con tutta calma indipendentemente dal fatto che soffino 25 nodi o 5 di vento.

Una volta nell' ufficio del Marina riesco a dare un volto alla voce della radio, è Marvis, una evanescente indigena che mi parla con la stessa lingua della radio, un mix tra i Minions, gli Umpalumpa della “Fabbrica di cioccolato” ed il monaco eretico del “Nome della rosa”. Scopriremo dopo che si tratta della lingua locale, il papamiento composto da Spagnolo, Portoghese, Olandese e Arawak, non sembra vero ma si capisce tutto o quasi.

Per strada vedremo poi cartelli del tipo: BON BINI' NA BONAIRE; grazie si dice DANKI DANKI, ci vediamo TE ORO e anche se parli in dialetto ci si capisce. Bene è deciso: questa' isola ci piace!

Chiaramente noi non parliamo il papamiento e capita spesso di comunicare in inglese che qui si apprezza comunque; come quella volta che entrando in un negozio chiesi di poter comprare della verdura ed un rotolo di carta sfoggiando il mio miglior inglese e per tutta risposta mi sento dire: “But do you speak English”? facendomi crollare in un nanosecondo tutta la mia autostima-linguistica. Le persone qui sono così, genuine e simpatiche come la lingua che parlano.


Ogni tanto si vede qualche ragazzotto locale che va dietro alle olandesine in vacanza rosolate dal sole con apprezzamenti fischiettati o per dirla con un neologismo facendo catcalling! Una cosa che mi ricorda l 'infanzia, da buon paesano quale sono!

Ma non è tutto oro quel che luccica, abbiamo notato ahimè molta insofferenza dei locali nei confronti dello “sporco colonizzatore olandese” che effettivamente, come succede nella maggior parte delle isole caraibiche “occupate” non lascia molto spazio agli autoctoni economicamente e socialmente parlando per cui non è difficile imbattersi in cartelli del tipo: “stop dutch apartheid” oppure “no mas manipulashon”.


Vero è che gli stessi olandesi con il loro spirito marziale, la loro maniacale osservanza delle regole e il loro esagerato senso del dovere hanno permesso, con l'istituzione di parchi marini, divieto di ancoraggio e costante controllo del territorio, la conservazione pressoché intatta della natura: un vero e proprio paradiso terrestre tra flora e fauna.


Certo, questo smisurato senso civico arriva al paradosso quando, durante uno dei tantissimi lockdown pandemici, arrivano a chiederci di scegliere il gusto del gelato attraverso un numero di whatsapp che lo stesso gelataio ci evidenzia attraverso il vetro anzicchè guardare il nostro ditino che indica la vaschetta prescelta!

Chiaramente abbiamo optato per una gelateria un po' più... italiana!