Es la hora de emprender el camino! Gomera di nuovo ci chiama.
Alcuni chilometri di canyon pietrosi, strapiombi sul mare, vallate coltivate e roques solitarie e iniziamo una discesa al centro della foresta.
Un letto di terra e foglie umide, svirgolate di farfalle e tutti i toni del verde. Scintillano l'azzurro e l'oro sopra la tua cortina di foglie vibranti.
C'è sempre un sasso per farci superare un rigagnolo d'acqua, un ramo morbido di muschio cui afferrarci per non scivolare, una radice dove puntellarci.
La tua foresta subtropicale vaporizza l'essenza delle erbe aromatiche, dei fiori viola e arancioni, delle calle bianche e delle ginestre. Respirarti sa di fresco e di buono.
Così storditi giungiamo al centro del tuo cuore.
Un manto di felci secolari attenua l'impatto dell'ultimo salto.
Ci voltiamo tutti e quattro lasciandoci alle spalle un panorama mozzafiato sul Teide e ognuno senza fiatare si accomoda su un sasso e resta
ipnotizzato dal "ruido" dell'acqua che precipita fino ad un lago puntellato di fiori.
E' qui che tu ci canti ancora e ancora delle nostre storie dimenticate, quando tu eri ovunque e noi non eravamo altro che questo: un suono che scroscia e teneramente gorgoglia, che precipita e fluisce, e nel frastuono della sua energia, improvvisamente si allarga e vibra della lenta caduta di una foglia, del battito d'ali d'una libellula e del tonfo soave di un pietrisco.
Oh isla de mi corazòn, escùchame por favor!
Mantieni questa intensità e resisti resisti, arginando i deserti!
Ma tu non mi ascolti!
Que pena y que dolor vedere, dopo la magia del tuo cuore, gli scheletri delle tue ferite. Gli alberi sopra la Valle del Rey, sono croci annerite dal fuoco, lo stesso che proprio ora continua ad inghiottire ettari di boschi appena un'isola dietro, e intere foreste un continente più a ovest.
Ma sono io che non ti ascolto o forse non so vedere!
C'era una nube in cielo, proprio sopra la tua baia di acqua più azzurra e trasparente, aveva la forma di un granchio prima che il vento la disperdesse.
Stava lì a ricordarmi la mia ferita, quel piccolo neo che non era innocuo, frutto di un sole troppo caldo e che ora sembra il morso di uno squalo.
Le nostre cicatrici ci servono
- vero Gomera?
per non dimenticare, aprire una via e non smettere di lottare!
- Più o meno è così, ma anche tu sbrigati a cambiare perchè, almeno finchè io e te non saremo una sola - mia cara Vale - proprio non è scontato che sopravviva la gentilezza della mia Foresta Pluviale.
domenica 25 agosto 2019
domenica 18 agosto 2019
Il campanaro rock
Mentre Giuseppe e Giorgia
avranno già fatto sei o sette chilometri su per un sentiero
nei boschi della Gomera, io e Valentina scegliamo di proseguire alla
cieca lungo una più urbanizzata e tortuosa strada, l'unica, con la
speranza di incontrare prima o poi un paesino da scoprire.
Lo troviamo, si chiama Hermigua.
Carino, colorato, silenzioso, soleggiato.
Per le vie non c'è nessuno,
posti auto vuoti e disponibili, parcheggiamo.
Dopo venti minuti di paseo ci
rendiamo conto che non abbiamo incontrato ancora nessuno.
Piccole vie e calli che salgono
e scendono, un pesce in ferro battuto appeso sotto il balcone di una
casina, un bar che
sembra chiuso chissà da quanti anni.
Arriviamo di fronte ad una
piccola chiesetta con il suo sagrato ordinato e
pulito antistante il campanile fatto di
lava e bianco di calce.
Dalla più piccola delle sue tre
campane si sente un rintocco, poi un altro, ripetuti con precisione e
costanza da un piccolo batacchio elettrico tant'è che istintivamente
guardo l'orologio e in effetti è mezzogiorno in punto.
Stavamo per
andare via ma restiamo a guardare il campanile perchè accade che il
din dan dell' orologio comincia stranamente a cambiare ritmo ed
osservando meglio si intravede una mano che si sostituisce al
meccanismo automatico muovendo avanti e indietro il batacchio di
corda originale, producendo un ritmo mai sentito prima da una campana
di una chiesa.
Il
risultato è un mix perfetto tra il rintocco del mezzogiorno e
il suono prodotto da quella manina sbucata dal nulla dando così vita
ad un vero e proprio assolo di percussioni con un ritmo incalzante
degno del miglior John Bonham!
E, nel finale della sua
performance, saluta i fortunati spettatori di tutta la piazza che
applaudivano ancora increduli, io e Valentina.
Scopriamo dopo che si era
trattato del richiamo alla festa di santo Domingo, quella sera alle
22.
martedì 13 agosto 2019
La Gomera incantatrice
Gomera, un sonido solo como el gozo que nunca muore màs.
Un tuo soffio improvviso pone il fiocco alla cappa e restiamo così ... sospesi sulla linea del fetch, tra la calma del Teide e i tuoi sospiri impazienti.
Poi inizi a sussurrare una melodia, chiara, precisa che tutti sentiamo, e quando sei sicura di aver catturato la nostra attenzione usi il boma di Gyziana con la maestria di una solista di flauto traverso.
Ti diverti alternando ai toni i semitoni e generando suoni suadenti che fanno di noi le tue creature incantate.
Oh nostra isola ammaliatrice, siamo definitivamente tuoi!
Indossiamo le nostre cerate, superiamo la linea del vento e ci lasciamo risucchiare da te, come l'ago della bussola al suo nord magnetico, veloci, felici, di bolina e schizzati d'onda.
Poi d'improvviso molli la presa dalla nostra prua, il mondo si calma e ci fai entrare nella tua prima rada a semicerchio per un bagno protetto, un'amaca e un tramonto.
Sei bella vestita di luna e con il tuo sorriso di stelle, quando stanchi andiamo a dormire.
Ma tu che non vuoi star sola almeno questa notte, gridando ci veni a svegliare.
Volano i tuoi bianchi emissari sulle nostre teste a ricordarci le urla degli strani uccelli di Antipaxos in un'altra notte buia.
Sei totalmente nuda ora che la luna è andata a dormire e se anche l'Oceano è calmo, ci scuoti come neonati in una culla che una balia impazzita fa ondeggiare fino al punto prima del giro completo.
Al di là delle ali bianche delle arpie piumate, si distende completo l'arco della via lattea e sopra le rocce sfila una processione di stelle tremolanti.
Il mare nero è tutto puntellato di esseri iridescenti.
Non possiamo dormire e restiamo lì stupefatti ad assistere alla tua ronda notturna intorno al Nulla.
Un tuo soffio improvviso pone il fiocco alla cappa e restiamo così ... sospesi sulla linea del fetch, tra la calma del Teide e i tuoi sospiri impazienti.
Poi inizi a sussurrare una melodia, chiara, precisa che tutti sentiamo, e quando sei sicura di aver catturato la nostra attenzione usi il boma di Gyziana con la maestria di una solista di flauto traverso.
Ti diverti alternando ai toni i semitoni e generando suoni suadenti che fanno di noi le tue creature incantate.
Oh nostra isola ammaliatrice, siamo definitivamente tuoi!
Indossiamo le nostre cerate, superiamo la linea del vento e ci lasciamo risucchiare da te, come l'ago della bussola al suo nord magnetico, veloci, felici, di bolina e schizzati d'onda.
Poi d'improvviso molli la presa dalla nostra prua, il mondo si calma e ci fai entrare nella tua prima rada a semicerchio per un bagno protetto, un'amaca e un tramonto.
Sei bella vestita di luna e con il tuo sorriso di stelle, quando stanchi andiamo a dormire.
Ma tu che non vuoi star sola almeno questa notte, gridando ci veni a svegliare.
Volano i tuoi bianchi emissari sulle nostre teste a ricordarci le urla degli strani uccelli di Antipaxos in un'altra notte buia.
Sei totalmente nuda ora che la luna è andata a dormire e se anche l'Oceano è calmo, ci scuoti come neonati in una culla che una balia impazzita fa ondeggiare fino al punto prima del giro completo.
Al di là delle ali bianche delle arpie piumate, si distende completo l'arco della via lattea e sopra le rocce sfila una processione di stelle tremolanti.
Il mare nero è tutto puntellato di esseri iridescenti.
Non possiamo dormire e restiamo lì stupefatti ad assistere alla tua ronda notturna intorno al Nulla.
venerdì 2 agosto 2019
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