mercoledì 10 settembre 2014

Sociologia del traghetto di ritorno

Una cosa che accomuna tutti gli ospiti di Blue Bone è il viaggio di ritorno in traghetto.
Pubblico questo divertentissimo pezzo sociologico di Stefano che vale a raccontare tutti i viaggi in nave.
"Sulla banchina del porto dell'isola greca (una qualsiasi da cui sia possibile partire per l'Italia), la sensazione iniziale è l'appartenenza a un'orda. I guerrieri e le guerriere del ritorno in patria sono in genere abbronzati, bardati da turisti balneari – pantaloncini, canotte e infradito (o variante sneaker con pedalino corto o fantasmino; facoltativo un cappello simil-panama) – appesantiti da parecchi chilogrammi di zaini, borsoni, borse termiche e semplici sacchetti di nylon. Si potrebbe percepire anche qualcosa di più sofisticato dell'orda, per esempio “cerchie”, che disegnano relazioni forse amicali tra gruppetti interni all'orda, ma la tensione dell'imminente partenza produce un Leviathano formato prevalentemente dalla linfa delle cerchie, cioè da coppie e famiglie, il cui legame è riconoscibile dal tenersi per mano e controllarsi a vicenda.

Nel momento in cui la balena meccanica apre le fauci dopo che le gomene hanno reso stabile l'attracco, l'orda si slancia nel misterioso entro-nave. L'orda ondeggia qualche secondo ancora sulla banchina, poi si getta all'interno esibendo carte d'identità a uno o più addetti. Poi c'è la scalata ai piani della balena, uno, due, tre e finalmente quattro, quello della reception.
Da qui comincia il paradiso del sociologo in ferie: un'intera società si dispone in pochi minuti al suo sguardo, senza alcun bisogno di questionari, di interviste semi-strutturate o di complesse storie di vita. L'orda primordiale si scioglie, e diventa società, cioè gruppi e grappoli di gruppi, cioè ceti e classi.
Ci sono alcuni che sembrano più veloci degli altri: sono gli anarco-proprietari, individui che – pur provenendo da un ceto tendenzialmente “traghetto-proletario” – portano con sé un'abitazione, seppure austera. Conquistano in velocità gli spazi del ponte meno esposti al vento e snocciolano una tenda Quechua, rapidissimi e concentratissimi. In pochi minuti la tenda è montata, e degli anarco-proprietari resta la sola testimonianza offerta da uno o più paia di Converse fuori dall'abitacolo. Degli individui non si sentirà più parlare fino a un paio d'ore dalla fine del viaggio, quando richiuderanno la tenda in uno schioccare di dita e si ritrasformeranno in comuni traghetto-proletari.
Ci sono poi i veri traghetto-proletari, coloro che hanno da perdere solo il proprio sacco a pelo (senza tenda Quechua però). Essi si aggirano ripetutamente per tutti gli interstizi della nave, alla ricerca di un luogo adatto al semi-sonno, quanto cioè consentito al proletario giacente dentro o sopra il sacco a pelo dallo scavalcamento di massa del sacco a pelo medesimo da parte della parte inquieta della nave (vedi oltre). Obiettivo del traghetto-proletario è di impossessarsi momentaneamente di un pertugio che permetta l'occupazione di una parete laterale (interna o esterna alla balena meccanica), onde evitare il perenne scavalco di massa del sacco a pelo (che talvolta, o anche più, riesce solo per difetto).
Eccoci poi all'inquieto popolo dei traghetto-sottoproletari, individui privi di tenda, di sacco a pelo e di altri servizi (tipo posto-poltrona, vedi oltre). Questa categoria è composta di persone poco dotate di liquidità. Oppure di persone dotate di liquidità ma rivelatesi eccessivamente ottimiste sulla possibilità di acquistare nella balena un posto-poltrona o addirittura una cabina (vedi oltre). I traghetto-sottoproletari simplex (poveri) si aggirano come anime in pena tutta la notte per tutta la nave, e non disdegnano visite nella sala-poltrone, travestendosi da piccolo-borghesi qualora riescano a trovare un posto vuoto. Trovano un'altra possibilità di ascesa sociale anche quando, capitati casualmente nei paraggi di una presa di corrente, se ne impossessano per ricaricare il cellulare. Vengono allora contattati da altri individui (modalità interclasse) che chiedono per quanto ne hanno oppure, più sfacciatamente, se possono consentirgli una “dieci minuti perché sai, mi si sta proprio scaricando”. Se il traghetto-sottoproletario acconsente, il suo capitale reputazionale aumenta. Sarà così ricontattato e benvoluto da altri individui. Se rifiuta, sarà meno amato ma senz'altro temuto, altro lato della mobilità sociale da non disprezzare. Il traghetto-sottoproletario troppo ottimista, invece, si chiude in un silenzio ostile che dura tutto il viaggio, in genere trascorso fumando un paio di pacchetti di sigarette sul ponte e imprecando contro la malasorte. 

Poi esiste il ceto della piccola e media borghesia dei posti-poltrona. È un gruppo vasto, ma non troppo. La sua esistenza, apparentemente serena e austera, è tuttavia messa in discussione da eventuali disturbi delle compagnie di navigazione. Se, come è successo più volte quest'estate, ci sono state avarie e altre criticità, può capitare che lo stesso posto sia stato venduto a individui che dovevano alloggiare su navi diverse, poi aggregate alla disperata. In questo caso, nonostante accenni di rissa e rapporti umani surriscaldati, alla fine un'occupazione casuale dei posti diventa la soluzione che impedisce una guerra tra potenziali poveri, e la sistemazione di tutti gli aventi diritto nelle poltrone sfuggite alla vendita risolve il problema e consente una ritrovata pace sociale.
Nel caso in cui il fenomeno delle poltrone vacanti assuma proporzioni cospicue, esiste la possibilità di una silenziosa promozione sociale da parte dei traghetto-sottoproletari più astuti.
Infine, c'è l'alta borghesia delle cabine. È un ceto sociale che rasenta l'invisibilità e l'assenza di suoni: si presentano alla reception senza alzare la voce e, ricevuta la chiave della cabina, si eclissano senza più dare segni di vita. Rappresentano l'evoluzione dell'anarco-proprietario, di cui conservano il robinsonismo comportamentale. Diventano invece visibilissimi e rumorosissimi qualora si verifichi il fenomeno della doppia attribuzione, più raro che nelle vicende dei posti poltrona ma pur sempre possibile. In questo caso l'alta borghesia si trasforma in un attimo in una piccola borghesia litigiosa e senza pietà, disposta a minacciare denunce al personale di bordo oppure – con atteggiamento opposto – ad allungare una certa somma sottobanco al medesimo personale onde ottenere un robusto vantaggio competitivo.
Alle tre di notte, anche sulla nave, il sonno e il semi-sonno hanno il sopravvento. Solo alcuni traghetto-sottoproletari vagano senza meta negli anfratti della balena, ricordando al sociologo in ferie che tra poche ore l'orda si ricostituirà, socialmente amorfa ma ineluttabile".
di Stefano Cristante

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