martedì 26 marzo 2019

La danza acrobatica dei delfini 🐬

 



Ma come fanno i delfini a rispondere ai richiami dell’animo umano? Ogni volta che l’anima fa un guizzo loro le corrispondono!

domenica 24 marzo 2019

All'Improvviso le Canarie


All'improvviso davanti a me si staglia sull'orizzonte l'enorme capezzolo bianco di una montagna di 4.000 metri, la intravedo dalle fronde di un grande bosco e la inseguo perdendomi in una riserva di biosfera.
Poi il sentiero s'interrompe, gli uccelli smettono di cantare, scende un silenzio assoluto, assordante, sotto di me c'è uno strambiombo, avanti l'infinito ..... Mi dico:

"Questo è l'Oceano, questo è l'Ignoto ed io mi butto!"

E' solo un sogno ma la sensazione che mi lascia al risveglio l'essermi buttata nel vuoto è stupefacente: di pace ma senza ancoraggi, senza nessun riferimento di tempo e di spazio.

E resto ancora più sbalordita quando scopro che Artenara esiste veramente: è un luogo arroccato tra i crateri di Gran Canaria, nel mezzo di una foresta che si affaccia ad Ovest sul Pico della Teide. Questo è il vulcano di Tenerife, l'ho visto da qui e ci sono salita fin quasi in cima.
Sembra di camminare su un altro pianeta e da lì si vede l'intera galassia delle isole Canarie.

Lontana, persa nell'Atlantico, alla deriva verso i Caraibi c'è La Palma con la sua foresta pluviale, la seguono El Hierro e La Gomera verdissime e selvagge.

Tenerife è la suprema, nel punto centrale, costellata di centri di meditazione e di yoga, che si puntellano lì dove l'energia degli elementi si concentra maggiormente, prima di essere dissolta nell'etere.
Il Vulcano è ancora vivo, la Terra è fertile, l'Acqua è pacifica a Sud-Est ed è irata a Nord-Ovest, il Vento è costante, apparentemente ha un solo nome: Aliseo, una sorta di motore per traghettarti dall'altra parte del mondo, ma vivendo qui accanto a lui impari a conoscerne e sfruttarne le moltplici sfumature e direzioni.



Davanti al Pico a Est si staglia il Roque Nublo, sembra un meteorite caduto milioni di anni fa, potente come un Vajra, punta sulla piana frastagliata da grotte terrestri, in cui si sentono ancora  le voci delle genti
"primitive", immense culture pacifiche ed evolute, matrilenari che vivevano qui in armonia con la Natura prima dei dominatori spagnoli.

Puerto de Las Nieves, spolverato di case bianche come un paesino delle cicladi, quasi lo tocchi per quanto è vicino. Da lì parte una strada a strapiombo sul mare, incastonata sulle rocce negre, davanti ai più bei tramonti di Gran Canaria.
In una delle baie lì sotto ho fatto il primo bagno nell'Atlantico. Non è
freddo come mi avevano detto.
Le onde a vederle fanno paura, ma poi impari ad entrare sfruttando la lunga pausa tra l'una e l'altra e una volta che sei dentro non le senti più, ti rilassi e puoi nuotare come se fossi in mediterraneo.

L'Oceano è vivo e poderoso anche quando scegli una baia senza onde, con acqua trasparente e cristallina, come qualla di Agaete: dopo una bellissima nuotata, mi  fermo su uno scoglio comodo come una poltrona, vicino alla riva, con le gambe nell'acqua e il sole dorato delle ultime ore che scalda ma non acceca, leggo un libro e poi d'un tratto  avverto come un respiro fondo, come un suono che viene da dentro. Non ci sono onde ma avverto un forte movimento dell'acqua. E' un attimo e la Marea già inizia ad isolarmi dalla spiaggia. Però l'ho sentita e riconosciuta subito, come se fossi vissuta qui da anni. Non mi ha sorpreso! Mi ha avvisato in tempo per ritornare sulla riva e portare più in là vestiti e cellulare, prima che l'acqua li raggiungesse.

E quanta vita c'è nell'oceano: patelle, ricci, e pesci di ogni tipo. Veleggiando sia a Gran Canaria che nel tratto tra quest'sola e Tenerife ci hanno sempre accompagnato i delfini, abbiamo visto tonni saltare e altri pesci ancora a noi sconosciuti. Ci hanno detto che si vedono spesso anche le balene, ma non è capitato, per ora.

A Est di Gran Canaria lo sguardo si perde verso mamma Africa, il Marocco subsariano.
Non riesci a vederlo ma la sua sabbia è portata qui dal vento inesorabilmente. La chiamano Calima.
Lungo le coste del Sud di Gran Canaria e per tutta Fuerteventura il deserto forma immense dune di sabbia dorata, che si dissolvono in un mare celeste, chiaro e calmo.
Le passeggiate sono di chilometri e le nuotate lungo la costa possono essere infinite.

Lanzarote è la più vicina al continente e si raggiunge con un volo diretto anche dalla Puglia le sue baie sono a volte scure e vulcaniche a volte dorate e sabbiose. E'  ricca di ridossi.
Ma di quest'isola ancora ne abbiamo solo sentito parlare così come delle più lontane, intraviste dalla punta del Vulcano e sognate dal  pontile di Las Palmas, durante i lavori invernali per personalizzare la nuova barca.

E' una goletta (più corretto dire schooner ) di alluminio con due alberi,  interamente inTek e Mogano gli interni, selvaggia e forte fuori,  aristocratica e comoda dentro.
E' stato amore a prima vista!
Ha due anime: quella forte, rude e coraggiosa, anche un pò figlia di puttana che con il nome di Saravà ha solcato molti mari, mercanteggiando  opere d'arte e diamanti, e quella sottile e immaginifica che con il nome di Ocabianca si è preparata per anni a diventare la casa dei sogni di una coppia innamorata che avrebbe dovuto compiere il giro del mondo.

Con noi cambia ancora una volta nome, cambia bandiera e inizia con questa prima pagina le sue avventure.

lunedì 5 giugno 2017

Raduno dell'Arte 14a edizione: la parola al violoncello

Il violoncello si racconta scivolando sul mare.
Fuggito dall’orchestra, come un randagio fuori dal branco ha la forza del sopravvissuto.
Il violoncello se lo ricorda che la musica barocca, giocava con le note, proprio come i jazzisti del lontano ovest.
Non viene da quel mondo antico, come suo fratello dell’800, troppo delicato per l’acre salsedine del mare.
E’ un marinaio che non ha paura di lasciare un altro figlio, partorito da una gitana di calabrese, nell'ennesimo porto di passaggio.
E ci sfotte un po’ con la “tagliantella” bolognese, stuzzica il tamburo, provoca i sapienti e fa sì che nessuno possa prendersi sul serio.

Siamo tutti strumenti scappati dall’orchestra!

Toccato in sorte ad un bimbo di dieci anni ora naviga solitario, nei mari della Grecia.
Lui se ne stava lì dimenticato dagli ospiti di Mozart nella grande residenza dei Pallavicini.
Nessuno lo ricordava più, né degnava di uno sguardo, chiuso in soffitta nel fondo di un armadio.
Dalla fessura di quell’antica cassa, un giorno vide due occhi nocciola farsi grandi grandi dallo stupore di sentire quella bella maestrina che scopriva in loro il talento del musicista.
Quegli stessi occhi tornarono ingrossati e lucidi. Ma come, non c’era posto per loro?!
L’avevano visto quel 10 del talento, eppure le porte per imparare fiati e pianoforte restavano chiuse.

"Rimangono gli archi!" Dissero i maestri.

Fu lì che il violoncello sentì di nuovo risuonare il suo stesso cuore in petto.
Non era morto! Vibrava, sperava quasi quasi suonava…..
Non osava uscire, però: aveva paura di mostrarsi brutto, impolverato, vecchio e stonato …..ma era la sua occasione, forse l’ultima.
Intanto quegli occhi guardavano un violino e quasi piangevano per lo scorno di avere tra le mani un oggetto troppo fragile e delicato; poi si posarono sulla viola….."Ma è praticamente uguale!"  Pensarono.
Erano più arrabbiati che scoraggiati e luccicavano di orgoglio!

“Bravo!” -  Urlò il violoncello! “Non puoi mica suonare acuti da usignolo tu!”. 

E venne fuori!

Si guardarono per la prima volta: il bimbo e il randagio, fuggito dal branco.
Si riconobbero.
Poi si annusarono, si toccarono e ……da quella prima nota scordata seppero che avrebbero continuato ad attraversare i secoli sulla scia del suono,
che sarebbe bastata una nota a gonfiare una vela,

che con un suono avrebbero fatto attraversare i mari e anche i mali a noi altri poveri esuli affamati di storie, sinuosi serpenti in cerca di incantatori, sopravvissuti alla nostra personale guerra, fedeli guardiani di un giardino toccato in sorte, casualmente insieme su un vascello che veleggia anche senza vento!

Un varco per il tonno

Davanti a noi si staglia Folegandros: alta scoscesa, aspra e brulla con una piccola kora bianca a picco sul mare.
Più ci avviciniamo alle sue vette impervie, più le onde - prima a traverso e poi in poppa - crescono in altezza e potenza.
Ormai per me timonare significa domarle, cavalcarle  come si fa con un animale indomito e maestoso: è una meditazione sublime!
Mentre ero immersa in questa danza con il mare, il segnale del nylon che scorre annuncia una lotta, cui non vorrei assistere: il mio uomo cacciatore contro un pesce che, a giudicare da quanto tira, è molto grosso.
Vado all'orza per rallentare.
Mio malgrado prendo parte alla lotta per la vita e la morte, sapendo di essere dalla parte della morte.
Le onde sono ancora più alte prese di punta: schizzano, sferzano, schiaffeggiano.
Cerco di prenderle al mascone e mantengo un'orza che supera di pochi gradi la bolina.
Intanto Alfredo fa girare il mulinello e suda.
Passano i minuti, la canna è sempre più curva, sembra spezzarsi, ma nulla si vede.
Il pesce lotta dal fondo del mare e non si lascia scorgere.
Il Meltemi raggiunge 40 nodi, bolinare così è massacrante! Anche Alfredo non ce la fa più....ma ci siamo quasi.
Ora lui tira a mano il nylon.
Non ha i guanti sono a prua, nel gavone dell'ancora. Impossibile prenderli nella concitazione.
Io affido Blue Bone al pilota automatico e prendo il retino. Devo tirarla su io quest'anima di dio! Odio uccidere!
Il filo è quasi finito, Alfredo sanguina, io sono pronta, ma il pesce non si vede....poi un'ombra, quindi un occhio gigante, giallo enorme come la luna. Sono ipnotizzata e terrorizzata. E' un tonno enorme! non ce la farò mai con un retino, è troppo grande!
Corro a prendere il raffio. Alfredo neanche ci prova a chiedermi di arpionarlo. Così lui regge il nylon con la sinistra e il raffio con la destra. Io sono di spalle, annichilita, non voglio vedere. Piango. L'adrenalina è a mille. Le onde e il vento non danno tregua. Poi il pesce lo sento che sbatte. Recito un mantra che risuona nell'aria, per un tempo che sembra infinito, mi vibra dentro .... finalmente mi calma .... immagino che apra un varco al tonno che muore e lo sento passare.
Era femmina. Pregiata a pinna gialla, con dentro due grandi sacche di uova.
Riprendiamo rotta, le onde ormai sono insostenibili; la barca è così inclinata che il sangue dell'animale non scende.
L'isola è vicina. All'ingresso del porto ci sono scogli affioranti che con le onde è impossibile vedere. E' qui che si spegne il Navionex.
Il capitano riprende in mano il timone e lascia a me il pesce da tenere perché non cada e da eviscerare subito, prima che l'anisakis si trasferisca alla carne.
Non l'ho mai fatto e inizio con non sol quanti chili di animale, pieno di sangue in mezzo alla tempesta.

Immergo le mani nella sua carne: è ancora calda di vita! Sento il cuore e lo strappo facilmente.
E' un rito cruento, da strega crudele che pratica la magia nera....! Tengo tra le mani il cuore  caldo e mi sembra che pulsi....poi le viscere e tutto il resto. E sono sporca di sale, di sangue di vita e di morte.
Mi rifugio - ora che siamo in un porto, sebbene insicuro - nella sua preparazione: ci vorranno 36 ore, ma nulla di questa onorevole madre deve andare sprecato......, la bottarga, i tranci, i pezzetti e poi i vasetti sott'olio.
L'unica cosa che possiamo fare è curare la sua preparazione, perché sia sublime come lo era l'animale.
Ricorro ad un'antica ricetta della nonna Adele. La mia memoria scorre indietro nel tempo di bambina, quando nel cuore della notte ci portarono un grosso tonno e papà, mamma, nonna e "commare" Cosimina con meticolosa dovizia, lo prepararono, facendo scorte di prelibato tonno sott'olio per l'inverno.
L'emozione è stata così forte e ancora vibra in me, che ho raggiunto quella notte, l'unione con loro che ci sono e mi aspettano e con coloro che non ci sono più e ugualmente mi aspettano.

sabato 11 marzo 2017

21 Agosto 2016 Una veleggiata visionaria fino alle Cicladi!

Durate una veleggiata potente al timone, mi stavo ringalluzzendo con pensieri di culto della personalità ... sul maniacale andante.... allora ho cantato le sillabe di Vajra irata.

Ero sola, Alfredo a prua nel difficoltoso montaggio dello strallo volante per la tormentina ...

...... la barca avanzava veloce su alte onde......

La mia concentrazione è stata massima nella rotta, nel tagliare le onde continiando nel canto ....per un indefinito tempo....forse un'ora.... finché si è aperto uno spazio di coscienza nuovo e profondo.
Il canto è diventato una sola infinita silaba capace di risuonare nel vuoto, fuori e dentro vibrando e portando le onde e l'orizzonte a chiudersi in un abbraccio.
Non so se la cantavo io o il vento.
Forse entrambi, in  un sussurro capace di far tremare appena la fiamma di una candela,

Poi l'ormeggio con un vento pazzesco e infine un tramonto rosa davanti ad un filo di sabbia bianca tra due mari. Nuotiamo nelle Cicladi. Koloni!
Al riparo della notte e con Chopin che rende più belle le stelle ho pensato alle Madri che lottano per la guarigione e per la cura:  stanno facendo un lavoro pazzesco di pulizia karmica. Onore a loro. Sono immense!

18 agosto 2016 L'isola di Idra e i trichechi della valle

Voglio provare a dare un nome alle lacrime sconfinate, dolorose e poi dolci: gratitudine per la morte dell'Amore come l'ho sempre conosciuto.


Nemmeno (soprattutto!)  nell'amore vanno messe le radici!
Ma nella profondità dell'essere, lì dove dimorano coloro che non ci sono più e coloro che non ci sono ancora.

L'amore, invece, deve volare ed è libero di farlo solo se la mente glielo permette.

L'amore liberato è tornato al suo alveare.
L'ape succhia il polline, libera di svolazzare di fiore in fiore.

Il nettare sta sul pistillo e sta nella corolla.
L'insetto rotola felice.


Il fiore, finalmente schiuso protegge coi suoi delicati petali l'amplesso tra il mondo animale e il mondo vegetale.
I vecchi trichechi Della Valle cantano alla vita che si forma come dolce miele per nutrire il corpo e lo spirito di una nuova umanità.




domenica 5 marzo 2017

8 Agosto 2016 L'entrata dell'Ade e la danza tra Eros e Thanatos

 Un tuffo  in acqua chiara, calma, isolata, verdissima per l'alta macchia che vi si rispecchia......ma nessuno ha ancora raggiunto la riva che tre onde alte e impreviste ci sbattono e scuotono in un brivido di paura.
Non era facile leggere questo come primo presagio dell'impetuosa danza di corteggiamento tra Eros e Thanatos.
Sulla montagna raccogliamo erbe profumate per un risotto. Temporeggio sula riva e qui vedo uno scoglio a forma di disco volante animato dalla testa di grifone. E' qui che intuisco che questa sarebbe stata la nostra cavalcatura e la meta: un altro mondo.

Lasciamo quello conosciuto fatto di mamme che urlano Adeleeeeeeeee ....Leooooooo, di umani che mangiano povere spigole di allevamento a mezzanotte, di ragazzotti che vanno all'isola delle tartarughe per bere Coca Cola e mangiare gelati e partiamo di notte alla volta del Peloponneso.
Spariscono gli yatch e le moto d'acqua,gli sci nautici con bracciali e ciambelle.
la navigazione è lunga e dura, l'atterraggio con cime a terra è faticosissimo, ma alla fine l'isola ci ricompensa con acqua cristallina, con il suo eremo bianco, con scogliere come d'Irlanda, ricche  di macchia profumata, fichi d'india e falchi.
Con un bel vento in poppa costeggiamo il continente, sereni come il sole che tramonta.
Poi il vento cala, anche la luce mentre le onde diventano pugni allo stomaco e la torre turca non si avvicina mai.
Pur se dura, la navigazione notturna è illuminata da mezza luna, un tonno salta come per raggiungerla ed infine la fortezza di Methoni si staglia davanti a noi.
Pronti per toccare terra, qualcuna eseguendo i passi di questa feroce danza, cade nel mare. In quello stesso mare che ama e teme, come l'amore, come la morte.
Forse dovevamo chiedere il permesso agli spiriti guardiani per entrare in queste terre, bruciare salvia selvatica ed erbe sacre, ma ormai è tardi per propiziarsi gli dei dell'olimpo.
Ci mandano un giovane apollineo, muscoloso e lucido di oli e creme che ci sbatte in faccia il suo culo perfetto.
Pensiamo che sia in vendita, ma se ne va! Forse è un Narciso o un emissario del feroce Zeus, venuto a ingannarci col suo adescare e col suo mercificare, esempio ostile di un patriarcato duro a morire.
Noi quel mondo non lo vediamo più e ci immergiamo in un verde violento, sferzato dal vento godendoci Sapienza e il suo angolo di paradiso.
La veleggiata che segue è meravigliosa! Bordeggiamo di poppa con raffiche fino a 25 nodi, cavalcando dolci onde.
le caretta caretta ci nuotano contro tutte affannate e scoordinate per scansarci e per lo spauracchio di averci incontrato improvvisamente sulla loro rotta.
Anche questo atterraggio è notturno.
Gli abitanti di qui assomigliamo alle loro pietre.
Ti guardano di sbiego ....sono duri e tu, invasore, devi pagare amaramente il dazio per calpestare i loro sassi , tutti storti, i loro castelletti vecchi e nuovi da cui si prendevano a sassate.
Ripartiti.
Le onde sono andate a crescere per tutto il Mani spettrale, fino a raggiungere 5/6 metri a Capo Grosso.
cavalcarle è difficile ma entusiasmante, come l'Amore!
Per compensare il loro impeto ci vuole la forza di tutto il corpo che si piega, insieme al timone per compensare il peso.
nessuno, tranne il capitano ha mai visto dal vivo queste montagne d'acqua, che ogni tanto si abbattono sulla navicella dandoci schiaffi di sale.
Intorno le montagne sono surreali: rocce brulle, terre di ciclopi, paesi per draghi, picchi da cui uomini guerrieri buttavano giù le neonate, esseri di pietra squarciati da voragini nere con forme umane. Una di queste è l'ingresso dell'Ade, del mondo di sotto, degli inferi oscuri.....del dolce utero... attraverso la sua forma di vagina.
Proprio qui, con la burrasca dentro e fuori, aggrappata al limone, ammuffita di sale, le ha detto  "sì ti voglio sposare!
Passato il Capo col suo faro di pietra, siamo nella terra di passaggio, un limbo irreale, onirico.
I monti qui sono morbidi e d'oro, riflettendo i raggi del sole sopra un'acqua blu intensa, improvvisamente calma.
Il vento scende da queste terre di nessuno, sferzando il mare, polverizzando l'acqua e trasportandola via...all'orizzonte,come spirito in fuga. Sono le anime che abbandonano questo mondo, lasciandolo da Sud?
Due costoni lontani, più alti e verdeggianti si aprono in un ridosso.
I guardiani esterni: due enormi scimpanzé di roccia soffiano aria dalle loro profonde fauci.
Passiamo.....e i guardiani interni, due Sirene (metà donne metà uccelli) proteggono il passaggio.
La mattina dopo è tutto ancora più surreale per una bufera di pioggia, che sfata l'ennesimo mito che con la tramontana non piove mai.
Mi chiedo se ci sia un significato a tutto ciò
magari la tempesta ha scosso i sentimenti più profondi, il vento ha spazzato via negatività e attaccamenti e oggi la terra desertica ci stabilizza e  restituisce, come distillato dell'inconscio, una pietra di luna.
sarà la promessa di matrimonio alle porte dell'Ade?
Sarà una nuova storia che sboccia?
Un pezzo di cuore lontano che squilla?
O l'antico e prezioso amore che ha bisogno di cure e al cui richiamo si attraversa il deserto e si rientra prima del tempo? O forse molto dopo il tempo!
fatto sta che entriamo nel regno di Eros abbracciati stretti stretti a Thanatos.
I venti si placano, piano piano anche le onde.
L'acqua si fa trasparente, la sabbia sottile e bianca.
davanti ai monasteri ortodossi, cantiamo mantra per ringraziare della protezione.
le onde ormai appartengono ad un mare morto lontano che finalmente ora è quieto.
Nei fiordi e nelle baie, arrampicati su costoni rocciosi o distesi nelle valli e lungo le paludi scopriamo paesi e villaggi di un mondo antico.
Entriamo in punta di piedi e loro ci regalano la sillaba A , un segno di chi non c'è più.
Sulle rocce scopro il volto di una giovane donna, la dakini blu, giovane, che mi strizza l'occhio, come un manga giapponese.
La lezione di questi due amanti Eros e Thanatos è grande e  merita che sia bruciato incenso alla luna piena.
La morte ama l'amore perché ogni giorno muoia e questo bacia la morte, perché ogni giorno rinasca, la loro promessa dura solo un attimo eterno e i due nell'amore sono profondamente liberi, come solo la morte sa rendere!