lunedì 5 giugno 2017

Un varco per il tonno

Davanti a noi si staglia Folegandros: alta scoscesa, aspra e brulla con una piccola kora bianca a picco sul mare.
Più ci avviciniamo alle sue vette impervie, più le onde - prima a traverso e poi in poppa - crescono in altezza e potenza.
Ormai per me timonare significa domarle, cavalcarle  come si fa con un animale indomito e maestoso: è una meditazione sublime!
Mentre ero immersa in questa danza con il mare, il segnale del nylon che scorre annuncia una lotta, cui non vorrei assistere: il mio uomo cacciatore contro un pesce che, a giudicare da quanto tira, è molto grosso.
Vado all'orza per rallentare.
Mio malgrado prendo parte alla lotta per la vita e la morte, sapendo di essere dalla parte della morte.
Le onde sono ancora più alte prese di punta: schizzano, sferzano, schiaffeggiano.
Cerco di prenderle al mascone e mantengo un'orza che supera di pochi gradi la bolina.
Intanto Alfredo fa girare il mulinello e suda.
Passano i minuti, la canna è sempre più curva, sembra spezzarsi, ma nulla si vede.
Il pesce lotta dal fondo del mare e non si lascia scorgere.
Il Meltemi raggiunge 40 nodi, bolinare così è massacrante! Anche Alfredo non ce la fa più....ma ci siamo quasi.
Ora lui tira a mano il nylon.
Non ha i guanti sono a prua, nel gavone dell'ancora. Impossibile prenderli nella concitazione.
Io affido Blue Bone al pilota automatico e prendo il retino. Devo tirarla su io quest'anima di dio! Odio uccidere!
Il filo è quasi finito, Alfredo sanguina, io sono pronta, ma il pesce non si vede....poi un'ombra, quindi un occhio gigante, giallo enorme come la luna. Sono ipnotizzata e terrorizzata. E' un tonno enorme! non ce la farò mai con un retino, è troppo grande!
Corro a prendere il raffio. Alfredo neanche ci prova a chiedermi di arpionarlo. Così lui regge il nylon con la sinistra e il raffio con la destra. Io sono di spalle, annichilita, non voglio vedere. Piango. L'adrenalina è a mille. Le onde e il vento non danno tregua. Poi il pesce lo sento che sbatte. Recito un mantra che risuona nell'aria, per un tempo che sembra infinito, mi vibra dentro .... finalmente mi calma .... immagino che apra un varco al tonno che muore e lo sento passare.
Era femmina. Pregiata a pinna gialla, con dentro due grandi sacche di uova.
Riprendiamo rotta, le onde ormai sono insostenibili; la barca è così inclinata che il sangue dell'animale non scende.
L'isola è vicina. All'ingresso del porto ci sono scogli affioranti che con le onde è impossibile vedere. E' qui che si spegne il Navionex.
Il capitano riprende in mano il timone e lascia a me il pesce da tenere perché non cada e da eviscerare subito, prima che l'anisakis si trasferisca alla carne.
Non l'ho mai fatto e inizio con non sol quanti chili di animale, pieno di sangue in mezzo alla tempesta.

Immergo le mani nella sua carne: è ancora calda di vita! Sento il cuore e lo strappo facilmente.
E' un rito cruento, da strega crudele che pratica la magia nera....! Tengo tra le mani il cuore  caldo e mi sembra che pulsi....poi le viscere e tutto il resto. E sono sporca di sale, di sangue di vita e di morte.
Mi rifugio - ora che siamo in un porto, sebbene insicuro - nella sua preparazione: ci vorranno 36 ore, ma nulla di questa onorevole madre deve andare sprecato......, la bottarga, i tranci, i pezzetti e poi i vasetti sott'olio.
L'unica cosa che possiamo fare è curare la sua preparazione, perché sia sublime come lo era l'animale.
Ricorro ad un'antica ricetta della nonna Adele. La mia memoria scorre indietro nel tempo di bambina, quando nel cuore della notte ci portarono un grosso tonno e papà, mamma, nonna e "commare" Cosimina con meticolosa dovizia, lo prepararono, facendo scorte di prelibato tonno sott'olio per l'inverno.
L'emozione è stata così forte e ancora vibra in me, che ho raggiunto quella notte, l'unione con loro che ci sono e mi aspettano e con coloro che non ci sono più e ugualmente mi aspettano.

Nessun commento:

Posta un commento

RICORDATI DI FIRMARE IL TUO COMMENTO