domenica 9 febbraio 2020

Notte di Luna nuova e l'arte della pazienza

Forse mi  sbagliavo sulla sincerità del sole.
E' quando la luce smette di offuscare le cose, che la vita si manifesta nella sua vera natura!
L'astro del giorno è tramontato già da tempo e stanno svanendo anche le luci di Gran Canaria. Ora dobbiamo combattere con quelle di due enormi petroliere, entrambe in rotta raggiungente: una da dritta e l'altra da sinistra. Scopro che la  miopia fa a botte con le luci verdi e questo mi genera non poca tensione, perchè non capisco se le navi si avvicinano o si allontanano, finchè non passano entrambe da poppa, così vicine da distinguerne chiaramente il profilo.
Finalmente la navigazione si stabilizza nel buio totale e inizia il mio turno ....non vedevo l'ora di stare sola e me ne vado a prua per scrutare meglio l'orizzonte.
Il mare è così calmo da non distinguersi dal cielo.
La prua apre una remora sberluccicante di placton. Il cielo è un mantello di stelle e alcune si specchiano sull'Oceano dandogli profondità.
Non mi sembra più di navigare, ma di fluttuare nella notte scura.
Canto in silenzio e con me canta la Luna Nera, mentre un distillato di stelle piove come nettare di purezza sul nostro guscio.
Improvvisamente  grosse scie luminose che fendono il mare come code di drago, mi fanno sobbalzare il cuore in gola dalla paura: sfiorano Gyziana e sibilano come frecce incandescenti, prima di guizzare fuori dall'Oceano e mostrarne l'Anima.
Sono salti acrobatici di "spiriti" delfini. Ne posso distinguere chiaramente il profilo rivestito di plancton iridescente.
Fanno strada saltando sotto la prua della barca, per ore, per quasi tutta la notte , introducendoci  uno ad uno, nel regno dell'abissale mare nero, pulsante di vita.
Continuo a cantare con le stelle, anche in sogno, confondendomi nel vuoto tra loro, presente e assente allo stesso tempo, rapita dalla magia di questa notte e felice di farne parte.

......

Finito l'ultimo turno alle otto del mattino, ci svegliamo tutti. Anche il sole fa ingresso da Est, prepotente nello scacciare la notte e magnifico da farcela dimenticare in fretta.
Il vento è ancora appena un alitare, eppure sarebbe dovuto montare appena fuori il cono dell'isola.
Comunque  sia, il Capitano decide che si deve fare senza motore e la pace che il suo ordine regala è indescrivibile.
Adriano, reduce dall'ultimo turno, si gode il  sole nascente che gli riscalda il viso; io e Alfredo abbiamo armato lo Yeenky, un grosso Genoa, e iniziamo a tangonarlo con un tubo di alluminio tre volte più lungo di me.
Entra in scena Emilio, soprannominato il Conte Zoster, perchè la sua voglia di vivere questa esperienza è così radicata in lui, che nemmeno il così detto "Fuoco di Sant'Antonio", il famigerato Herpes Zoster, l'ha fermato.
Il Conte e il Capitano si sono trovati immediatamente, nella comune passione delle barche d'epoca: complicate, ma con un'anima e iniziano a praticare l'arte della vela uniti come padre e figlio.
Dopo aver ultimato con il tangone, ingarrocciano la Stay Sail (una vela più piccola) nello strallo dell'albero di maestra ma il vento è troppo debole e per di più viene da poppa e si accorgono presto che la vela è inadatta.
Ricominciano. Ammainano la vela con pazienza e iniziano la manovra per liberare il cala vele dall'ingombro del tender. Io aiuto Adriano a piegarla e a rimetterla nella sua sacca, giusto in tempo perchè loro tornino ed inizino ad armare la Carbonera.
E' una vela enorme che va inferita nella parte posteriore dell'albero di Trinchetto. E' talmente grande che bisogna smontare le volanti. Ci mettono un pò, ma sistemano anche quelle. Io un pò scrivo un pò aiuto se serve. Adriano credo sia andato a riposare.
Quando finalmente la Carbonera si gonfia, Gyziana ha un sussulto e inizia ad andare.
I loro occhi brillano come gli sbarluccichi del sole ormai alto sul mare, e insieme continuano a cazzare e mollare le scotte, con diligenza e pazienza, finchè le due vele non sono perfettamente equilibrate.
Alfredo è così orgoglioso della sua Gyziana, che non riesce a nasconderlo, nemmeno durante il collegamento con le stazioni SSB terrestri, con cui abbiamo appuntamento quotidiano  ogni 13:30 UTC.
La loro voce compare in una sorta di inter-spazio sulla frequenza prestabilita, in mezzo ad un suono metallico che si dilata, restringe e di nuovo allarga come fosse una comunicazione interstellare.
E' vero che ormai ci sarebbero i telefoni satellitari, ma fare questa esperienza con un collegamento Internet o telefonico avrebbe avuto un sapore completamente diverso.
La radio a onde corte invece è speciale: è riservata, non è prepotente, è selettiva e solo chi apprezza l'essenziale può comprenderne il fascino. Anche se non è scontato riuscire a collegarsi e anche se è difficile distinguere le voci, la SSB permette di dialogare con tutto il mondo solo grazie alla propagazione e alle macchie solari.  C'è una netiquette tra i possessori delle stazioni SSB marine e terrestri, questi ultimi seguono i naviganti dandogli supporto da terra e le informazioni che ci si scambiano sono solo relative alla posizione di latitudine e longitudine, alle previsione meteo e ad un piccolo conforto, naturale nel sapere che da terra qualcuno ti segue.
In questo momento per mare  oltre a Gyziana, c'è Dilemma di Massimo, che da solo si appresta ad attraversare Panama e Carlo alle San Blas. A terra Danilo, Angelo, Luigi e Laguna tutti esperti navigatori, che hanno più volte solcato gli oceani e continuano anche da terra a navigare dando supporto alle barche in transito.
A questa radio è legato anche un Pactor, una sorta di modem, che ci consente, sebbene con molta fatica, di inviare dei brevi messaggi a chi da terra con un pò di preoccupazione ci segue e a cui dedico questi scritti, perchè il desiderio più grande è portare tutti, sani e salvi, con me dall'altra parte dell'Oceano.