lunedì 5 giugno 2017

Raduno dell'Arte 14a edizione: la parola al violoncello

Il violoncello si racconta scivolando sul mare.
Fuggito dall’orchestra, come un randagio fuori dal branco ha la forza del sopravvissuto.
Il violoncello se lo ricorda che la musica barocca, giocava con le note, proprio come i jazzisti del lontano ovest.
Non viene da quel mondo antico, come suo fratello dell’800, troppo delicato per l’acre salsedine del mare.
E’ un marinaio che non ha paura di lasciare un altro figlio, partorito da una gitana di calabrese, nell'ennesimo porto di passaggio.
E ci sfotte un po’ con la “tagliantella” bolognese, stuzzica il tamburo, provoca i sapienti e fa sì che nessuno possa prendersi sul serio.

Siamo tutti strumenti scappati dall’orchestra!

Toccato in sorte ad un bimbo di dieci anni ora naviga solitario, nei mari della Grecia.
Lui se ne stava lì dimenticato dagli ospiti di Mozart nella grande residenza dei Pallavicini.
Nessuno lo ricordava più, né degnava di uno sguardo, chiuso in soffitta nel fondo di un armadio.
Dalla fessura di quell’antica cassa, un giorno vide due occhi nocciola farsi grandi grandi dallo stupore di sentire quella bella maestrina che scopriva in loro il talento del musicista.
Quegli stessi occhi tornarono ingrossati e lucidi. Ma come, non c’era posto per loro?!
L’avevano visto quel 10 del talento, eppure le porte per imparare fiati e pianoforte restavano chiuse.

"Rimangono gli archi!" Dissero i maestri.

Fu lì che il violoncello sentì di nuovo risuonare il suo stesso cuore in petto.
Non era morto! Vibrava, sperava quasi quasi suonava…..
Non osava uscire, però: aveva paura di mostrarsi brutto, impolverato, vecchio e stonato …..ma era la sua occasione, forse l’ultima.
Intanto quegli occhi guardavano un violino e quasi piangevano per lo scorno di avere tra le mani un oggetto troppo fragile e delicato; poi si posarono sulla viola….."Ma è praticamente uguale!"  Pensarono.
Erano più arrabbiati che scoraggiati e luccicavano di orgoglio!

“Bravo!” -  Urlò il violoncello! “Non puoi mica suonare acuti da usignolo tu!”. 

E venne fuori!

Si guardarono per la prima volta: il bimbo e il randagio, fuggito dal branco.
Si riconobbero.
Poi si annusarono, si toccarono e ……da quella prima nota scordata seppero che avrebbero continuato ad attraversare i secoli sulla scia del suono,
che sarebbe bastata una nota a gonfiare una vela,

che con un suono avrebbero fatto attraversare i mari e anche i mali a noi altri poveri esuli affamati di storie, sinuosi serpenti in cerca di incantatori, sopravvissuti alla nostra personale guerra, fedeli guardiani di un giardino toccato in sorte, casualmente insieme su un vascello che veleggia anche senza vento!

Un varco per il tonno

Davanti a noi si staglia Folegandros: alta scoscesa, aspra e brulla con una piccola kora bianca a picco sul mare.
Più ci avviciniamo alle sue vette impervie, più le onde - prima a traverso e poi in poppa - crescono in altezza e potenza.
Ormai per me timonare significa domarle, cavalcarle  come si fa con un animale indomito e maestoso: è una meditazione sublime!
Mentre ero immersa in questa danza con il mare, il segnale del nylon che scorre annuncia una lotta, cui non vorrei assistere: il mio uomo cacciatore contro un pesce che, a giudicare da quanto tira, è molto grosso.
Vado all'orza per rallentare.
Mio malgrado prendo parte alla lotta per la vita e la morte, sapendo di essere dalla parte della morte.
Le onde sono ancora più alte prese di punta: schizzano, sferzano, schiaffeggiano.
Cerco di prenderle al mascone e mantengo un'orza che supera di pochi gradi la bolina.
Intanto Alfredo fa girare il mulinello e suda.
Passano i minuti, la canna è sempre più curva, sembra spezzarsi, ma nulla si vede.
Il pesce lotta dal fondo del mare e non si lascia scorgere.
Il Meltemi raggiunge 40 nodi, bolinare così è massacrante! Anche Alfredo non ce la fa più....ma ci siamo quasi.
Ora lui tira a mano il nylon.
Non ha i guanti sono a prua, nel gavone dell'ancora. Impossibile prenderli nella concitazione.
Io affido Blue Bone al pilota automatico e prendo il retino. Devo tirarla su io quest'anima di dio! Odio uccidere!
Il filo è quasi finito, Alfredo sanguina, io sono pronta, ma il pesce non si vede....poi un'ombra, quindi un occhio gigante, giallo enorme come la luna. Sono ipnotizzata e terrorizzata. E' un tonno enorme! non ce la farò mai con un retino, è troppo grande!
Corro a prendere il raffio. Alfredo neanche ci prova a chiedermi di arpionarlo. Così lui regge il nylon con la sinistra e il raffio con la destra. Io sono di spalle, annichilita, non voglio vedere. Piango. L'adrenalina è a mille. Le onde e il vento non danno tregua. Poi il pesce lo sento che sbatte. Recito un mantra che risuona nell'aria, per un tempo che sembra infinito, mi vibra dentro .... finalmente mi calma .... immagino che apra un varco al tonno che muore e lo sento passare.
Era femmina. Pregiata a pinna gialla, con dentro due grandi sacche di uova.
Riprendiamo rotta, le onde ormai sono insostenibili; la barca è così inclinata che il sangue dell'animale non scende.
L'isola è vicina. All'ingresso del porto ci sono scogli affioranti che con le onde è impossibile vedere. E' qui che si spegne il Navionex.
Il capitano riprende in mano il timone e lascia a me il pesce da tenere perché non cada e da eviscerare subito, prima che l'anisakis si trasferisca alla carne.
Non l'ho mai fatto e inizio con non sol quanti chili di animale, pieno di sangue in mezzo alla tempesta.

Immergo le mani nella sua carne: è ancora calda di vita! Sento il cuore e lo strappo facilmente.
E' un rito cruento, da strega crudele che pratica la magia nera....! Tengo tra le mani il cuore  caldo e mi sembra che pulsi....poi le viscere e tutto il resto. E sono sporca di sale, di sangue di vita e di morte.
Mi rifugio - ora che siamo in un porto, sebbene insicuro - nella sua preparazione: ci vorranno 36 ore, ma nulla di questa onorevole madre deve andare sprecato......, la bottarga, i tranci, i pezzetti e poi i vasetti sott'olio.
L'unica cosa che possiamo fare è curare la sua preparazione, perché sia sublime come lo era l'animale.
Ricorro ad un'antica ricetta della nonna Adele. La mia memoria scorre indietro nel tempo di bambina, quando nel cuore della notte ci portarono un grosso tonno e papà, mamma, nonna e "commare" Cosimina con meticolosa dovizia, lo prepararono, facendo scorte di prelibato tonno sott'olio per l'inverno.
L'emozione è stata così forte e ancora vibra in me, che ho raggiunto quella notte, l'unione con loro che ci sono e mi aspettano e con coloro che non ci sono più e ugualmente mi aspettano.