sabato 10 febbraio 2024

Il nuovo Mondo: Cartagena de Indias


L’odore che sento non è solo profumo di terra, è odore di casa! E se anche l’orizzonte assume un profilo mai visto e nemmeno immaginato, quel profumo di terra umida e timo mi danno l’illusione di essere in un luogo familiare.

Per evitare i venti di accelerata da dirupi di esagerate altezze, dobbiamo accostare il più possibile verso Santa Marta, anche se questo comporterà entrare nel suo golfo e modificare la rotta di 90 gradi. 

Il sole, salendo, pur invisibile ancora dietro l’orizzonte, fa evaporare velocemente la foschia inondandoci ora di un odore diverso. Di terra arsa e salsedine.

Le onde avvicinandosi alla poppa sembrano frangenti, le sento arrivare da dietro con un fragore rovinoso, ma poi trovano quasi sempre il modo di incunearsi sotto la poppa arrotondata del veliero sollevandolo sulla cresta e sospingendolo veloce verso questa terra sconosciuta.

Il primo raggio di sole si fa strada tra grosse nuvole basse e così, improvvisamente già alto, mi acceca. Riaprendo gli occhi i suoi raggi illuminano le torri bianche di una città sconosciuta.


Luccicano a Est i profili lucenti e candidi di queste spade d’acciaio puntate verso il cielo, come a dissuadere invidiosi e avidi conquistatori di tempi passati e presenti.

Non ci fermiamo, nonostante scogliere e città siano bellissime!

Siamo diretti più a Sud a Cartagena de Indias. Per noi è davvero come atterrare su un pianeta sconosciuto, non abbiamo coordinate, racconti, guide o portolani. Sentiamo solo un’attrazione verso il suo centro gravitazionale, è più una tensione, che ci sospinge, nostro malgrado, verso il caos, verso un turbinio di destini le cui fila sembrano lasciate a briglia sciolta e annodate tra loro senza possibilità di districarsi, e noi, senza sapere come, ci  imbrigliamo dentro e come cavalli imbizzarriti continuiamo a correre, trascinando rumorosamente, tra onde scoscese, il nostro carro del mare.

Tra Santa Marta e Cartagena incontriamo il tratto di navigazione più diffcile fino ad ora: onde molto alte che si frangono da tutte le direzioni, una forte corrente che spinge verso gli scogli a terra, da cui diventa difficile stare alla larga, grossi detriti vomitati in mare dalla Magdalena, il primo dei grossi fiumi che dalla foresta pluviale sfociano in questo mare fangoso.

Noi abbiamo incontrato solo tronchi giganteschi ma si narra, tra i navigatori, che a volte la Magdalena trascini in mare auto, container e addirittura una volta uno scuola bus.

Il tratto della foce, come se non bastasse, è anche pieno di secche insidiose, che si spostano con le stagioni e le boe segnaletiche non sono sempre funzionanti.

Alfredo ha fatto di tutto per arrivarci con la luce, ma ci siamo accostati proprio all’ora dell’imbrunire e a lui è toccato guadare questa immensa foce nella più totale oscurità, aiutandosi ogni tanto con il grosso faro costruito, per le stesse ragioni, a Capo Verde.


É stata dura raggiungere la Baia di Cartagena, tanto che quando le autorità ci hanno suggerito per radio di circumnavigare l’intera isola di Boca Grande, anziché entrare dritti nella baia della città, essendo un percorso più sicuro per via della presenza di secche, non ce lo siamo fatto ripetere due volte e abbiamo optato per il perimetro di tutta la vasta area insulare antistante la città.

Entrando nella baia di Cartagena è subito evidente il cambiamento di mondi: dalle piccole paradisiache isole caraibiche ad una terra complessa, estrema, difficile molto lontana anche dalla nostra Europa che pure qui ha costruito mura, castelli, cattedrali, palazzi e piccole case coloniali, tagliato foreste, costruito flotte navali, bruciato streghe e sciamani con la più feroce delle sacre inquisizioni. 

Sciamani e sciamane della foresta che, sacrificando animali, celebravano complesse cerimonie e rituali per propiziarsi gli elementi naturali considerati divina espressione di un’intelligenza immanente e interconnessa, giudicati e messi al rogo da più moderne religioni i cui opulenti officianti, sacrificavano donne e uomini sull’altare  di solenni processi, per accaparrarsi quegli stessi elementi naturali considerati mondana espressione di ricchezza e potere da offrire a un dio sovrano universale, creatore di cielo e terra.

Questo cruento incontro tra mondi  lo si può vedere ancora nella commistione dei tratti somatici delle

persone che passandoti davanti mostrano nei loro corpi tutti gli infiniti incroci razziali di cui è capace il pianeta Terra: dai connotati tipici dell’Africa nera, risalenti agli schiavi deportati qui dagli spagnoli, passando attraverso i campesinos dei villaggi e gli arborigeni andini, a visi tipici delle vette Himalayane, passando per le impronte ispaniche e per finire alle bionde altezze franco-anglofone.

Poi piano piano iniziamo a conoscere quei volti e dargli un nome e talvolta una storia. 

Il primo è un uomo canadese di lingua francese, Andrè, con due occhi celesti che brillano incassati tra le rughe abbronzate di chi vive sul mare. Fa il marinaio su un catamarano di una coppia di Sudafricani e vedendo il nostro fuoribordo che arranca ad accendersi, si propone a noi come meccanico.

Ci racconta della sua barca e della speranza che ancora nutre di liberarla un giorno da un assurdo sequestro. Aveva iniziato a lavorare con la sua barca a vela, insieme alla moglie italiana, Donatella, portando i turisti dal centro città all’isola di Barù per una giornata o un week-end. Forse ha pestato i piedi ai barcaioli locali, o forse non ha sufficientemente unto la polizia del posto. Fatto sta che in uno di questi viaggi, un gruppo di turisti americani porta a bordo della cocaina e la polizia, fermata l’imbarcazione, a colpo sicuro, la trova incolpando di tutto il comandante, nonché armatore. Non avendo pagato nemmeno questa volta chi di dovere, ma essendosi affidato alla giustizia, si è ritrovato in galera per traffico di droga e con la barca sequestrata.


Adesso è libero sotto cauzione in attesa che si svolga il suo processo, impantanato a causa del covid e del continuo cambiamento di gudici e da ripetuti e ingiustificati rinvii.

Ci è sembrata assurda come storia e non gli abbiamo creduto fino in fondo, pensando che, magari, un po' in difetto fosse anche lui.

Ma poi circa un mese dopo, Pablo, venditore afro-colombiano di sigari cubani di contrabbando, sapendo che viviamo a bordo di una barca, ci ha messo in guardia raccontandoci la storia di un francese, ormai famoso a Cartagena, vittima di una “trampa”, ovvero incastrato dalla polizia locale per non aver pagato la doverosa tangente. Insomma sembra che lo sappiano tutti a Cartagena che il povero Andrè sia stato incastrato dalla polizia corrotta di questa città di due milioni di abitanti.

Nicolle di professione agente per il disbrigo di pratiche di immigrazione è una donna giovane


tracagnotta dai tratti somatici ispanico-andini e ha il suo ufficio mobile tra i tavolini del bar antistante i pontili del marina per barche da diporto. Lei mi racconta che la situazione delle donne in Colombia è migliorata molto. Adesso quasi tutte lavorano. Anche lei è indipendente e vive bene, da single, senza un capo famiglia che decida per lei.

Mi rassicura che non è pericoloso per me, non più che per Alfredo per lo meno, passeggiare anche di sera nei quartieri centrali. La sento entusiasta della sua vita e del suo lavoro. Si rabbuia solo quando il discorso verte sulle manifestazioni che in questi giorni stanno mettendo a ferro e fuoco le principali città colombiane Kali, Medellin, Bogotà e anche Cartagena.
La gente è stremata perché l’economia è stata bloccata per un anno e mezzo anche qui per  arginare la pandemia di Covid, peraltro inutilmente.
Sempre più persone sono velocemente precipitate sotto la soglia della povertà e, guidate da sindacalisti, professori universitari, avvocati che difendono i diritti umani, sono scesi in piazza a protestare. Purtroppo, ci raccnta Nicolle, lo stato occulto, che comanda squadroni di paramilitari, ha reagito colpendo in modo infame la classe media, gli idealisti, coloro che credono e divulgano idee di più equa ripartizione delle risorse. Ogni giorno alla radio sentiamo notizie di persone scomparse. Due giorni fa era scomparso Alvaro, impiegato, aveva jeans chiari e camicia scura. Oggi è stata trovata la sua auto aperta e con le chiavi ancora sul cruscotto. La moglie, Maria chiede a chiunque sappia qualcosa di darle notizie.

Anche le strade sono piene di foto di persone scomparse. Ma nessuno sembra sapere niente. Nicolle è preoccupata per un suo caro amico di Kali, desaparesido già da dieci giorni. Per lei non tornerà più nessuno, perché li torturano e uccidono.

La gente si arrabbia di più e le manifestazioni sono sempre meno pacifiche.

Alfredo si è trovato coinvolto in una di queste mentre era in taxi e cercava di raggiungere un cantiere per prendere informazioni per il ricovero di Gyziana.

Il tassista ha iniziato a sudare freddo e ha cercato di scappare dall’imbuto in cui suo malgrado si era infilato: ha corso in retro marcia, ma anche la via di fuga era ostruita dalle fiamme. Poi è riuscito a svoltare in una laterale e a fuggire dal delirio di spari, urla e lacrimogeni.

Nicolle ha ragione, qui le persone non spariscono sono brutalmente ammazzate.

 Cartagena De Indias, 21 maggio 2021

To be continued….


martedì 10 agosto 2021

Coppia Regione Puglia-ASL Lecce vince Medaglia di Fango al "giogo" del Rimpallo

 


E  mentre gli italiani resistono all’Italia che affonda  e con determinazione, altruismo e dedizione ci regalano la Coppa europea, il secondo posto a Wimbledon, il  record mondiale dei 100 metri  ed importanti Medaglie Olimpiche….

l’Italia dei politici e dei Burocrati pelati, grigi e indolenti, che fa?

Si aggiudica la medaglia di fango al Giogo del Rimpallo!

Questa storia probabilmente non la leggerà nessuno, ma la scrivo lo stesso come sfogo personale e nel tentativo di dare voce ai milioni di persone che affrontano ogni giorno i muri di gomma della burocrazia digitale italiana, sapendo che molti di loro sono anziani, sono malati, sono soli, non conoscono leggi, circolari e prassi tutte nostrane.

È aprile 2021 siamo un gruppo di cittadini Italiani all’estero, nelle più efficienti Olanda e Francia d’oltre oceano e abbiamo l’immensa fortuna di ottenere in tempi record il vaccino contro il Covid. Io ho 48 anni e nel mio stesso giorno in Italia vaccinano mia nonna 98 enne.

Gli olandesi ci rilasciano un certificato che contiene già tutti gli estremi per essere riconosciuto in Europa: è tradotto in inglese, reca i nostri dati identificativi, il numero di lotto del vaccino e il tipo di farmaco, approvato dall’EMA.

Penso che sarà semplice una volta tornata nel mio amato paese ottenerne il riconoscimento.

Ma non è così. O meglio non è così per tutti.

Io  e il mio compagno veniamo  trasformati in una pallina da ping pong nella sfida a Rimpallo, che la coppia Regione Pugia-ASL Lecce vince superando qualsiasi record umano.

 Inizia il Ministero della sanità che con un rovescio eccellente ci indirizza alla Regione  Puglia. Ci scrivono che sì il nostro certificato olandese  è assolutamente valido e che la Regione Puglia è competente a legalizzarlo ai fini del green pass.

La Regione risponde con un dritto: “certamente è valido; ma compete al Ministero. Il Ministero ribatte: “la vostra Asl di competenza, Ufficio prevenzione deve inserire in banca dati il vostro certificato”.

Sono orgogliosa del mio Stato e della mia Regione. Con due telefonate e due email è già tutto risolto. Del resto la mia amica Vaifra  in Emilia Romagna, vaccinata in Martinica, ha già il green pass e la nostra amica Cecilia italiana residente in Germania, vaccinata con noi in Bonaire- Olanda ha ottenuto subito il green pass in farmacia. Mi rallegro che la Puglia non sia da meno.

Ma …mai dire gatto, finchè non ce l’hai nel sacco.

Ci presentiamo in ASL Ufficio Prevenzione, via don Minzoni e qui sono eccezionali: rimpallano senza tregua e  senza mai far toccare la palla al suolo. L’usciere ci da il biglietto alla fila giusta, che ci rimanda al primo piano, che ci spedisce alla porta accanto dell’omino vestito di grigio, che dopo aver parlato con la moglie, l’amico del calcetto  e chi sa chi altri ci rimpalla al corridoio accanto, che ci rimanda al piano superiore dal funzionario  che sta prendendo il caffè, ma che poi incontriamo sulle scale e ci manda all’Urp ma l’Urp è solo un cartello che ti fa girare in tondo in un labirintico corridoio di piazza Bottazzi, finchè non si palesa essere una semplice mail, che  con un tiro lungo ci rispedisce al Ministero. Sono le 12:00 la palla ora può toccare il terreno, perché tutti chiudono al pubblico, le linee magicamente cadono, i telefoni squillano a vuoto, alle email nessuno risponde.

E va avanti così per tre giorni, con 45 gradi, perché l’aria condizionata fuori dalle porte non c’è e l’uscio di questi uffici non lo varchiamo nemmeno.

Poi dai caraibi, Luca, un amico apprende dalla sua regione il Friuli Venezia Giulia, che il Ministero della Sanità ha emanato una circolare in base alla quale risulta per iscritto competente l’ASL di Residenza, per gli italiani vaccinati all’estero. Questa circolare detta tutti i criteri, adesso non potranno ignorarci ancora!!!!

Bene. Si ricomincia: ASL, Ministero, Regione, ASL, via telefono, via email, poi uffici e telefono. Alla fine del gioco risulta che la Regione Puglia non ha emanato le modalità in base alle quali gli Uffici Asl Lecce potranno inserire il nostro certificato.

Conclusione: al Cinema del Comune di Lecce mi hanno fatto entrare solo perché ho ruggito e azzannato il povero ragazzo 21 enne che, trasformato, suo malgrado, in ufficiale autenticatore di green pass, aveva ricevuto il dictat di non far entrare persone senza il QR code; sono stata presa ad una scuola di eccellenza in Spagna che vuole il green pass e il vaccino….. gli andrà bene se glieli presento separatamente? In aereo mi faranno entrare o dovrò fare anche il tampone? A quale numero verde di quale ufficio mi dovrò rivolgere per lavorare,  esercitare i miei diritti e le mie libertà?

Ma questi uomini  grigi e queste donnine tutte imbellettate e insipide anzicchè parlare al telefono dei fatti loro e zuccherarsi per ore il caffè davanti ad una triste macchinetta, non sarebbero più felici e belli se facessero bene il loro lavoro e facilitassero la vita degli altri,? Non dico la mia, ma almeno delle persone anziane che fanno la coda al sole, delle donne incinte, delle persone che hanno difficoltà ad usare Internet?

Quanta rabbia e tristezza inutili vengono generate quando  la piattaforma “pago pa” non funziona, perché non funziona mai! Quando lo spid non apre tutte i cassetti che dovrebbe aprire, quando con la tua Carta d’identità elettronica  chiedi un certificato, ma non ti arriva, e quando dopo che hai prenotato la tua visita medica con lo SPID devi comunque chiamare il CUP per confermarla?

Oggi è san Lorenzo non cadranno palline da tennis né circolari, né green-pass, ma cadranno le stelle e allora visto che non posso entrare da nessuna parte, senza ruggire e azzannare me ne sto in spiaggia a esprimere  i miei desideri:


che crescano i capelli a tutti i  funzionari che si prendono a cuore gli utenti,

che possano vivere a lungo tutti gli informatici che faranno funzionare un sito italiano, come uno olandese;

che passino tante giornate felici per quanti problemi risolveranno gli addetti ai numeri verdi

che ottengano tutti i like che desiderano i politici che emaneranno norme semplici e  utili a vivere le proprie libertà e i diritti (va bene anche se le copiano dalle regioni o stati più efficienti);

che abbiano labbra carnose e pelle liscia tutte le funzionarie che accetteranno di far accomodare nel loro ufficio un utente affaticato e accaldato,

che tutti coloro che non trovano soddisfazione ai loro sacrosanti diritti, possano vivere in posti meravigliosi dove tutti questi “gioghi” non sono mai stati inventati, felici soddisfatti e contenti

Valentina

venerdì 16 aprile 2021

BONAIRE

Isola di Bonaire, Antille olandesi, arrivati all' alba, stanchi, dopo 4 giorni e 4 notti di navigazione.

Una voce femminile alla radio ci dice di accostare a dritta lungo il dock del gasolio ma ce lo comunica in 4 lingue diverse, usandole contemporaneamente! Già solo questo sarebbe bastato a farci intuire qualcosa sui simpaticissimi abitanti dell' isola. Accostiamo al pontile alle 7 circa e ad accoglierci troviamo soltanto 5 soggettoni che ascoltano musica da balera ispanica degna del peggiore bar di Caracas, fermi immobili che ci osservavano senza muoversi. Metto un piede al di la della falchetta per sbarcare e ci viene incontro, staccandosi dal gruppo, con aria di strafottenza (le mancava solo un grosso sigaro in bocca) la prima delle 5 iguane del comitato d'accoglienza. Le si leggeva in faccia: “Chi è che osa rompere i coglioni alle 7 del mattino mentre arrivano i primi ghiotti raggi di sole”!? Dopo una trentina di secondi buoni, il capo richiama la milizia e spariscono tutti dietro la staccionata, lasciandoci soli con la musica.


Mentre mi volto a guardare esterrefatto Valentina si avvicinano gli umani veri con la tipica velocità caraibica a prendere le cime con tutta calma indipendentemente dal fatto che soffino 25 nodi o 5 di vento.

Una volta nell' ufficio del Marina riesco a dare un volto alla voce della radio, è Marvis, una evanescente indigena che mi parla con la stessa lingua della radio, un mix tra i Minions, gli Umpalumpa della “Fabbrica di cioccolato” ed il monaco eretico del “Nome della rosa”. Scopriremo dopo che si tratta della lingua locale, il papamiento composto da Spagnolo, Portoghese, Olandese e Arawak, non sembra vero ma si capisce tutto o quasi.

Per strada vedremo poi cartelli del tipo: BON BINI' NA BONAIRE; grazie si dice DANKI DANKI, ci vediamo TE ORO e anche se parli in dialetto ci si capisce. Bene è deciso: questa' isola ci piace!

Chiaramente noi non parliamo il papamiento e capita spesso di comunicare in inglese che qui si apprezza comunque; come quella volta che entrando in un negozio chiesi di poter comprare della verdura ed un rotolo di carta sfoggiando il mio miglior inglese e per tutta risposta mi sento dire: “But do you speak English”? facendomi crollare in un nanosecondo tutta la mia autostima-linguistica. Le persone qui sono così, genuine e simpatiche come la lingua che parlano.


Ogni tanto si vede qualche ragazzotto locale che va dietro alle olandesine in vacanza rosolate dal sole con apprezzamenti fischiettati o per dirla con un neologismo facendo catcalling! Una cosa che mi ricorda l 'infanzia, da buon paesano quale sono!

Ma non è tutto oro quel che luccica, abbiamo notato ahimè molta insofferenza dei locali nei confronti dello “sporco colonizzatore olandese” che effettivamente, come succede nella maggior parte delle isole caraibiche “occupate” non lascia molto spazio agli autoctoni economicamente e socialmente parlando per cui non è difficile imbattersi in cartelli del tipo: “stop dutch apartheid” oppure “no mas manipulashon”.


Vero è che gli stessi olandesi con il loro spirito marziale, la loro maniacale osservanza delle regole e il loro esagerato senso del dovere hanno permesso, con l'istituzione di parchi marini, divieto di ancoraggio e costante controllo del territorio, la conservazione pressoché intatta della natura: un vero e proprio paradiso terrestre tra flora e fauna.


Certo, questo smisurato senso civico arriva al paradosso quando, durante uno dei tantissimi lockdown pandemici, arrivano a chiederci di scegliere il gusto del gelato attraverso un numero di whatsapp che lo stesso gelataio ci evidenzia attraverso il vetro anzicchè guardare il nostro ditino che indica la vaschetta prescelta!

Chiaramente abbiamo optato per una gelateria un po' più... italiana!

sabato 26 dicembre 2020

Filastrocca dell'ora che scocca



Navighiamo costeggiando la montagna
Senza proferire ancora una parola
L'acqua è immobile che ristagna
Rispecchiando i ciuffi rosa dell'aurora.


Il cielo impazzisce di colori
Squarciati da un sussulto di spavento:
Siamo troppo vicini alla roccia, fremono i cuori
Tu cadi morto sul pavimento



Ci risvegliamo come da un sogno
E' troppo tardi per qualsiasi manovra a vela
Di calde lacrime ci sarebbe bisogno
Ma c'è da tener rotta e dovrà sbattere la tela.
                                                                
Si apre alla vista una profonda rada
Sembra la Grecia verde di foreste
E' Rond Island tra Carriacou e Grenada
Piena di correnti e di quel suo mar celeste
  
E' un buon posto, penso, per alzarsi da quel pavimento.



E allora inizio  a nuotare seguendo un pesce azzurro 
Riconosco la tua smorfia nel profilo di un "caurro"
poi mi perdo nei blu chiari
rincorrendo le farfalle dei fondali.

                    Resisto finchè posso                 
Incontro un grosso pesce rosso
Finchè nel ritornare a galla si schiude finalmente il cuore
e non so più se sono lacrime, acqua di mare o grumi di dolore.



Sono a St George  il giorno del funerale 
Una città lontana di muri colorati e vecchi
Mi ritrovo attonita e sconvolta a passeggiare
Mentre al porto attraccano i pescherecci


Mi seggo all'ombra davanti al molo
Stordita dal caldo e stanca
Si siede al mio fianco un uomo solo
con una croce semplice di legno bianca



Con un pennello a inchiostro nero
Dipinge senza guardare l'orologio
Con la malinconia dell'artigiano vero
Una frase d'amore come necrologio


Non è più solido l'Universo dello spazio tempo!
Ancora un sussulto ma più di 
gioia che di spavento
E non so più se sono morta io 
e tu, come in un sogno, me lo stai dicendo
O sei partito tu e io lentamente ti sto raggiungendo



domenica 1 novembre 2020

Una chiaccherata con Valentina e Alfredo


Questa volta, invece di un racconto postiamo una simpatica intervista che ci ha fatto Giampaolo, un nostro amico velista, sul suo canale youtube "Sailing italian style". Buona visione:

https://youtu.be/-BceWNHYWWg



giovedì 27 agosto 2020

Au Revoir!


Non credevo che un abbraccio vietato  potesse generare poesia.

Istintivamente ci si slancia l'uno verso l'altro ma ci si deve  trattenere. Per incanto però ci si riesce a toccare senza sfiorarsi e la partenza non può mettere più distanze tra  noi.

E' stato più o meno così salutare Giorgio e Gisella e dare la poppa alla Martinica.

Sei volte la luna piena si è riflessa sul loro sassofono e sulle acque dell'isola e con altrettanti rintocchi ha scandito il tempo ed illuminato una via, mentre il mondo nella notte dormiva sonni agitati.

Martinica sarebbe stata solo una spiaggia bianca contornata di palme e fiori, vista tante volte nelle cartoline. Ma è accaduto che il mondo si sia stretto su se stesso chiudendosi in angusti confini, proteggendosi non più da bestie feroci o da eserciti in guerra, né da uomini in fuga dalla fame, ma da microscopici e mortali virus.

In mezzo ai confini chiusi siamo rimasti noi, a dondolare attaccati ad un'ancora, pronti a fuggire dagli uragani.

Eppure ho viaggiato di più percorrendo a nuoto una sola baia che unendo le miglia di navigazione per arrivare fin qui attraversando un Oceano. 

Ho scoperto ogni giorno un nuovo mondo tra le pieghe di uno scoglio. 


Ho imparato a respirare con la bocca, prendere molto fiato e trattenerlo dimenticandomi della necessità dell'aria, per restare più a lungo possibile nel mondo di sotto.

Sono servite sei lune per vedere fino in fondo quanta bellezza e pace si possono nascondere sotto i nostri piedi e capire quanto siano importanti e fragili.

Distratti da tanti falsi bisogni e confusi tra urla di paura e rabbia non ci accorgiamo che il paradiso è intorno a noi.

Io l'ho riconosciuto nelle stelline blu-fluorescenti delle damigelle di mare, nei piumaggi dei lion fish,  negli occhioni dolci dei pesci rossi, nell'eleganza delle murene, nell'incanto di un enorme pesce palla nascosto tra le rocce e nella sinuosità dei serpenti di mare.

Poi anche loro hanno iniziato a fidarsi di noi, a nuotarci intorno senza paura e improvvisamente sono diventati migliaia e ci hanno mostrato tutti i loro sfavillanti colori.


Si sono accesi i pois dei pesci balestra, il blu elettrico  dei pesci trombetta, si sono avvicinate enormi tartarughe e sono arrivati a deporre le uova i variopinti pesci pappagallo.

Nel silenzio del loro mondo, fatto di anemoni e coralli, si è finalmente sciolto il chiasso del mio.

E tutto questo non l'avrei visto, perchè stavo già andando via per cercarlo altrove!

Ho capito che la bellezza è ovunque, ma è più facile ucciderla che notarla. 

Quante volte l'abbiamo divorata in un all you can eat, o  fotografata come trofeo di caccia, intrappolata in un selfie, consumata e dimenticata come un giocattolo usato.

Perchè ci affanniamo a rincorrere i tempi della giungla di auto, dell'aria avvelenata, degli assordanti insulti e parole aggressive diffuse via cavo, via etere, blutooth o WiFi?

Perchè tutta questa fretta?! 


Allora quasi quasi mi fermo ancora un po' da queste parti a respirare aria con la bocca, perchè non so ancora se è più difficile affrontare un uragano o le vorticose illusioni di una cultura bulimica e arrabbiata che, come tutti, mi porto dentro.

I due amici alati


Senza rendercene conto scivoliamo dentro una zona caratterizzata da un vento sempre più debole, incostante e che ruota in modo preoccupante verso i quadranti Sud. Ogni tanto arrivano dei groppi che dovrebbero anticipare una "Tropical Wave", che per ora si limita a lambirci, regalandoci qualche folata di vento e qualche goccia d'acqua dolce.

Ce ne è uno però che ha preoccupato molto la coppia di uccelli bianchi con la coda lunga e sottile che traversa insieme a noi da Capo Verde. Si tratta di due fetonti. Il fronte è piuttosto esteso e, sebbene non si vedano fulmini, c'è una grossa massa d'acqua che precipita in mare: la vediamo alla nostra dritta. Gli uccelli temono di bagnarsi il piumaggio con tutta quell'acqua e di avere difficoltà nel tenere la loro rotta. Nell'aria si sente forte odore di pioggia, le nuvole nere ci hanno quasi raggiunto e la coppia di volatili si separa: uno dei due rimane in alta quota, l'altro scende verso di noi. Vola intorno alla barca  tentando l'atterraggio da prua. Tenta la manovra varie volte e sembra stia per riuscirci, ma alla fine capiamo che le sue sono solo prove e non si poserà almeno che non ce ne sia una vera necessità. Per il momento raggiunge il suo compagno e continuano a volarci vicino, pronti a usarci come zattera di salvataggio se le cose si mettono male. Purtroppo per noi, che li avremmo voluti conoscere più da vicino, e per fortuna per loro, che invece dall'uomo preferiscono tenersi alla larga, la pioggia non è mai arrivata. Si è esaurita a mezzo miglio dalla Gyziana e quando il groppo ci è passato sopra sono rimaste poche gocce sporadiche.

Passato il pericolo i fetonti si allontanano di nuovo e noi ritorniamo ad arrancare senza vento. Ogni tanto si alzano 8 miseri nodi che cerchiamo di sfruttare con una farfalla le cui ali sono lo Yankee e la Staysail. Ma è davvero dura. Dopo una notte e un giorno passati a galleggiare su un mare ritornato olio, arrivano buone notizie da  un messaggio di Danilo via radio a onde corte: "La Tropical Wave è sempre stata avanti a voi e ora pare essersi esaurita davanti a Porto Rico. Siete riusciti ad evitarla. Presto dovreste ritornare ad avere Aliseo costante".

Ed infatti già a metà notte un po' di aria si alza, finchè in mattinata, con un cielo di nuovo spettacolare di un azzurro intenso frastagliato da piccole nuvole arricciate, ritorniamo a essere spinti dal vento portante. 


I nostri amici piumati si avvicinano ancora una volta come a volerci salutare, prima di riprendere rotta verso i Caraibi. Ormai mancano solo 130 miglia, forse non li incontreremo più prima di atterrare, ma è stato un vero onore fare il viaggio con questi due esseri forti e coraggiosi. Li salutiamo come si salutano i grandi amici e uno dei due plana sull'acqua molto vicino a Gyziana prima di scomparire all'orizzonte.

Alla via così amici e tanto tanto buon vento per i vostri incredibili voli.